Visita alla base militare di Ghedi: sono gli organi collegiali della scuola che possono e devono autorizzarla

Rischia di trasformarsi in un “caso nazionale” la vicenda dell’iniziativa dell’Aeronautica Militare che ha deciso di organizzare anche quest’anno una giornata in cui le scuole potranno visitare la base aerea di Ghedi in provincia Brescia.
La giornata rientra nel progetto “Mettiamo le ali ai nostri sogni” ed è programmata per il prossimo 16 aprile.

“La finalità – spiega l’Ufficio scolastico provinciale di Brescia in una circolare inviata alle scuole fin dallo scorso 8 marzo – è quella di far conoscere e promuovere sul territorio i valori che ispirano il servizio al Paese, le tradizioni e la cultura dell’eccellenza italiana nel Mondo ed il patrimonio di storia, cultura aeronautica con le professionalità espresse dall’Aeronautica Militare. Oltre all’emozione per l’esibizione aerea, l’occasione potrà fornire agli studenti anche uno spunto per l’orientamento nella scelta del proprio profilo professionale ed occupazionale”.
Adesso, nell’approssimarsi della data dell’evento, è scoppiata la polemica, con più di 200 docenti che respingono l’idea di “fare scuola” in un aeroporto militare.

I docenti parlano di un fiorire di iniziative che esortano a far partecipare le scuole a uscite didattiche aventi per oggetto “visite a mostre d’armi, a basi militari, a parate, ad addestramenti, ad alza-bandiera, a incontri con l’esercito”.
Gli insegnanti ritengono anzi che si tratti di vere e proprie “ingiunzioni dall’alto”.

La protesta dei docenti è del tutto comprensibile e legittima ma, per la verità, bisogna ricordare che la partecipazione ad una iniziativa come quella di cui stiamo parlando deve essere deliberata dagli organi collegiali della scuola che sono liberissimi di scegliere le mete delle uscite didattiche e dei viaggi di istruzione, attività che, come è noto, rientrano pienamente nell’autonomia didattica delle scuole.
In proposito, anzi, va ricordato che in più circostanze lo stesso Ministero si è premurato di chiarire che le circolari ministeriali in materia di visite e viaggi emanate prima dell’entrata in vigore delle norme sull’autonomia (e quindi fino al 1999) si devono intendere come semplici indicazioni non vincolanti.
Ma c’è di più: su questa materia spetta ai consiglio di istituto fissare i criteri generali da rispettare nella organizzazione di tali attività: il consiglio, per esempio, potrebbe tranquillamente stabilire che non si possono svolgere viaggi con mete considerate “rischiose” o “non educative” (in proposito va anche ricordato che alcune compagnie non sempre garantiscono la copertura assicurativa per talune mete e per taluni mezzi di trasporto).
Gli organi collegiali della scuola, insomma, hanno tutte le possibilità per evitare di partecipare ad iniziative e proposte considerate “inopportune” per le più diverse ragioni.

L’estratto della lettera degli insegnanti

La professoressa che l’ha redatta sottolinea che Ghedi è “una base militare da cui più volte si sono alzati in volo aerei con il loro carico di morte da riversare su paesi come Iraq nel 1991 e Serbia nel 1999 e dove sono custodite armi a testata nucleare, che gli F35 dislocati nella base sono abilitati a trasportare e utilizzare”. Nella missiva si legge anche che il Ministero fa “proliferare proposte formative a sfondo militare”.

“Mentre assistiamo impotenti allo sgretolarsi del diritto umanitario in numerose zone del mondo, allo stravolgimento di paesi e popoli colpiti da armi di cielo e di terra che generano fame e migrazioni spesso senza speranza – scrivono i docenti – vediamo un fiorire di iniziative frutto anche dello zelo ministeriale che esortano le scuole a far partecipare gli alunni a uscite didattiche aventi per oggetto visite a mostre d’armi, a basi militari, a parate, ad addestramenti, ad alza-bandiera, a incontri con l’esercito”.

“La comunicazione dà conto di una capillare diramazione informativa che per i contenuti e l’ufficialità suona come un’ingiunzione dall’alto che non può stridere con quanto per anni ho cercato di costruire nei percorsi di Educazione civica a scuola, quando l’attenzione in primis era posta all’art.11 della Costituzione, che stimolava discussioni su culture di sopraffazione e violenza che portano direttamente a quella delle armi”.

“Scrivono di servizio al Paese, cioè armiamoci. Come se fosse già scritto e allestito un ineluttabile destino di guerra per noi e i nostri ragazzi, le prime linee. Basta solo individuare un nemico ed è fatta. Non solo si dovrebbero prelevare i ragazzi da scuola per trasferirli in massa a Ghedi, ma il Ministero vorrebbe che da questa visita traessero ispirazione per la loro futura professionale. Non resta che solidarizzare, unendosi a tutti coloro che condannano questa pericolosa proliferazione di proposte formative a sfondo militare, per dichiarare con forza l’urgenza della costruzione di scuole di pace, coltivando con i ragazzi occasioni di solidarietà con chi vive in zone di guerra, di conoscenza del dramma della guerra e delle sue vittime, di progettazione di aiuti concreti per coloro a cui la guerra ha portato via tutto”, concludono.

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