Lo spirito di servizio che la scuola italiana deve recuperare

Lo spirito di servizio che la scuola italiana deve recuperare
(ansa)
La correzione del ministro alle sue stesse dichiarazioni è un’occasione per ragionare sul modo di pensare e agire di questo governo

Il ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha corretto, in un comunicato di ieri pomeriggio, lo sfortunato slittamento tra “umiliazione” e “umiltà” registrato nel video del convegno di Direzione Nord a Milano. Nel comunicato si legge: «Rimango pienamente convinto che realizzare il proprio errore, imparare l’umiltà di chiedere scusa, affrontare il senso del limite e della responsabilità delle proprie azioni, sia un passaggio denso di significato formativo e culturale». Sarebbe dunque non l’umiliazione il perno formativo di cui voleva parlare il ministro , ma l’umiltà. Non credo ci sia umiltà nel chiedere scusa, credo ci sia senso dell’altro e del futuro.

Ma torno ancora sul video del convegno perché penso che la correzione del ministro alle sue stesse dichiarazioni dia l’occasione di ragionare sul modo di pensare e agire di questo governo.Non ho mai compreso la definizione “lavori umili”. D’altronde quando nella Costituzione leggiamo «L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro» vediamo, sentiamo e capiamo che il sostantivo lavoro non necessita di altri aggettivi. E questo perché il lavoro è lavoro e basta. Non comprendendo la definizione “lavori umili”, mi è stata ancor più ostico pensare a “lavoro umiliante” e la conseguente umiliazione, poi ridefinita umiltà, nel compiere un certo lavoro e nel chiedere scusa. A maggior ragione se lavoro, o scuse, riguardano la comunità. Non capisco nemmeno il dichiarare l’umiliazione, o l’umiltà – come fossero sinonimi – un fattore fondamentale per la crescita della personalità.

L’umiliazione non è un concetto che riguarda la vita civile. L’essere umili riguarda geometricamente la vicinanza alla terra e, da un punto di vista religioso cristiano, il sentirsi piccoli rispetto all’immensità di Dio e dell’Universo. Ma né umiltà né umiliazione riguardano la democrazia e i suoi ministri, né la scuola pubblica e chi ci sta dentro, studenti e studentesse, docenti, personale altro. Ciò che riguarda la democrazia, e ancora prima della democrazia la comunità – in qualsiasi modo è organizzata – è il servizio. Servire non è essere umili, umiliarsi o essere umiliati – continuando nel gioco dei falsi sinonimi – servire è contribuire alla floridezza di una comunità secondo le proprie capacità, possibilità e intenzioni.

L’idea che si intravvede nel porre come perno educativo – o tra i perni educativi – l’umiltà è la stessa che sta al centro della scuola dove si educano i servitori in un magnifico e terribile racconto di Robert Walser. Il racconto si intitola Jakob Von Gunten (Adelphi, 1970, trad. E. Castellani), la scuola è l’Istituto Benjamenta dove «si dà a intendere che non c’è miglior modo di istruirsi che la disciplina e le rinunce, che in un esercizio semplicissimo, in certo modo stupido, c’è maggior beneficio che non nell’apprendimento di una quantità di concetti e di significati», dove «l’insegnamento che ci viene impartito consiste sostanzialmente nell’inculcarci pazienza e ubbidienza» dove, non in ultimo «quelli che ubbidiscono sono per lo più la copia perfetta di quelli che comandano».

La scuola pubblica italiana, pur nella sua limitante divisione di derivazione gentiliana e crociana tra discipline umanistiche e scientifiche, non è stata pensata e attuata perché tutti ci somigliassimo rendendo facile la deriva di una democrazia in qualcosa che democrazia non è, ma per «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazion e di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese. (Art. 3)». Che non è umiliazione, e non ha niente di umile. È servizio.

da La Repubblica

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