Precari scuola, ‘chiediamo risposte’: la stabilizzazione è una priorità

Va trovata una soluzione immediata alla stabilizzazione dei precari: è un diritto e una richiesta dell’Unione Europea.

Di

Claudia Scalia

Stabilizzare i precari è uno degli obiettivi più urgenti della scuola. Eppure sembra che anno dopo anno questo obiettivo non sia realizzabile. Negli ultimi dieci anni migliaia di docenti e ATA hanno sorretto i pilastri della scuola pubblica italiana, con lo stesso impegno e lo stesso spirito di sacrificio dei colleghi di ruolo. Ma per loro, la soluzione non è ancora arrivata nonostante le promesse dei tanti Governi che si sono succeduti e nonostante le richieste dell’Unione Europea.

Precari scuola, la stabilizzazione è un diritto

Il 2022 sarà ricordato come un anno record per quanto riguarda i risarcimenti che lo Stato ha dovuto pagare in seguito alla violazione delle norme europee. È un dimostrazione eloquente del fatto che i diritti dei precari continuano ad essere calpestati, nonostante i tribunali si pronuncino a loro favore. Anief riferisce che ammontano a 9milioni di euro i risarcimenti che hanno fatto assegnare i suoi legali ai ricorrenti, solo quest’anno.

Tra i diritti del personale precario, c’è anche la stabilizzazione. Eppure i dati del Ministero parlano di oltre 268mila supplenze nel 2022, di cui ben 217.693 solo per docenti. Se guardiamo agli ultimi 6 anni, il precariato risulta addirittura raddoppiato, e oggi occupa il 20% delle cattedre. L’unica soluzione a questa piaga è la stabilizzazione. E dato che la strada dei concorsi si è rivelata fallimentare, magari bisogna valutare il doppio canale di reclutamento, chiesto da anni a gran voce.

Alla ricerca di risposte

Marcello Pacifico, presidente nazionale del sindacato Anief, in un’intervista all’agenzia Italia Stampa ha parlato di dati sconfortanti. “Sono più di 200mila i precari che insegnano nelle nostre scuole, la metà dell’intero pubblico impiego, e più di 400mila insegnanti hanno alle spalle più di 3 anni di servizio con contratti a tempo determinato. È una palese violazione della norma comunitaria, per questo chiediamo risposte”.

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