Valutazione primaria: perché cambiare continuamente?

di Monica Piolanti, La Tecnica della scuola

Nel panorama scolastico italiano, il tema della valutazione nella scuola primaria è tornato prepotentemente al centro del dibattito, scatenando perplessità e interrogativi tra noi docenti e le famiglie. L’anno scolastico 2024/2025 segna un significativo ritorno ai giudizi sintetici (da ‘Ottimo’ a ‘Non sufficiente’), affiancati da descrizioni dei livelli di apprendimento, dopo l’introduzione dei giudizi descrittivi avvenuta nel 2020.
Questo ennesimo cambiamento normativo, che alterna approcci formativi e sanzionatori, genera incertezza, evidenziando una ‘liquidità’ del sistema valutativo che rende difficile trovare un equilibrio tra la promozione indiscriminata e una valutazione che valorizzi il percorso individuale di ogni studente.

La valutazione è da sempre un tema centrale per i docenti della scuola primaria e in particolare per quelli che, come me, avevano iniziato fin dagli anni 80 a lavorare secondo le regole della legge 517/77, molto innovativa per quei tempi.
Nonostante le continue modifiche legislative, la valutazione è rimasta la ‘Cenerentola tanto bistrattata’ del mondo scolastico.
Ogni nuova direttiva ministeriale in questo campo è stata per molti docenti un’opportunità di crescita professionale, con la convinzione che la valutazione debba essere formativa e non sanzionatoria, evidenziando punti di forza, progressi e miglioramenti dei bambini. Tuttavia, spesso i cambiamenti sono stati percepiti da moti come superficiali, senza un reale mutamento nella pratica. Sembrava che tutto cambiasse solo per continuare a fare quello che si è sempre fatto.

L’Ordinanza MIUR n. 172 del 2020 aveva introdotto i giudizi descrittivi (avanzato, intermedio, base, in via di prima acquisizione) in sostituzione dei voti numerici, focalizzandosi sulla valutazione formativa e sull’autovalutazione, ponendo l’alunno al centro del processo di apprendimento. Ora, nel 2024/2025, siamo tornati ai giudizi sintetici, correlati alla descrizione dei livelli di apprendimento. Questo pone i docenti della primaria in una situazione di crisi tra la ‘promozione indiscriminata’ e la valutazione descrittiva, rendendo la valutazione ‘davvero ‘liquida’ e crea sconcerto’.

La scuola di oggi deve essere formativa e inclusiva, il che implica la promozione nel primo Ciclo. Ogni bambino ha i suoi tempi e necessita di supporto, non di forzature, come ben aveva intuito il pedagogista Claparède: ‘Non è tirando la coda ad un girino che lo si aiuta a diventare rana’. Il nostro compito è facilitare l’apprendimento, non ‘riempire teste a forza’, e mi chiedo come potremo supportare questa ennesima ‘rivoluzione copernicana dell’istruzione’, difficile da realizzare sia per i docenti che per le famiglie.

Spesso, poi, si incontrato genitori, specialmente con figli problematici, che interferiscono con arroganza sugli aspetti metodologici e valutativi, nonostante il patto di corresponsabilità. Genitori che faticano a gestire i figli a casa, ma hanno la presunzione di insegnare il mestiere a chi sta a scuola da anni. Sebbene sia giusto che le famiglie abbiano un ruolo, come sancito dalla Costituzione, trovare un ‘dialogo educativo’ è difficile. Ed è così che si arriva al punto di dire mezze verità nei documenti di valutazione, consigliando di non considerare il livello di insufficienza per quieto vivere.
Molto spesso gli insegnanti devono anche soppesare ogni parola nella stesura dei profili per il timore di aggressioni verbali o richiami telefonici.

La miglior pedagogia ha sempre detto che la valutazione debba fortificare l’autoefficacia del bambino, spronandolo a impegnarsi e a credere in ciò che fa. Valutare non è mostrare le cadute, ma i progressi, dando ‘valore’ alle tappe continue e progressive dell’apprendimento di ciascun alunno. La valutazione serve per apprendere, spostando il focus dall’insegnamento all’apprendimento. Se il compito del docente è aiutare e facilitare l’apprendimento, ogni bambino necessita di un piano individualizzato e va valutato sul proprio percorso, ritmi e stili. Se un alunno sbaglia, dovremmo dirgli che sta imparando. Tutto ciò comporta un lavoro immane per gli insegnanti, una mole quotidiana senza fine. I nostri oneri aumentano, ma lo stipendio degli insegnanti della scuola primaria è tra i più bassi in Europa.

C’è infine da chiedersi infine perché non si sia esteso il nuovo modello di valutazione alla scuola secondaria di I grado, dato che molte istituzioni sono istituti comprensivi. La cultura della valutazione, così, si distacca e si frantuma. L’attività di formazione del MIM, tramite qualche sporadico webinar, non mi pare del tutto adeguata.
Potremmo concludere con le parole di A. Einstein: ‘Il guaio dell’umanità non consiste nella perfezione dei mezzi quanto nella confusione dei fini’. Noi inseguiamo la perfezione dei mezzi, ma se i fini sono confusi, è un guaio educativo. Dobbiamo rideterminare la bussola, rivedere i punti focali del concetto di valutazione e dare maggiore coesione alla cultura della valutazione.”

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