Test salivari molecolari a scuola: cosa vuole fare il governo e come verranno raccolti i campioni

di Laura Cuppini

Il documento messo a punto da Iss e governo prevede che i tamponi vengano fatti inizialmente da personale sanitario nelle scuole, poi saranno le famiglie a raccogliere autonomamente i campioni e consegnarli in punti di raccolta

I test salivari sono uno strumento fondamentale per affrontare l’apertura delle scuole in sicurezza ed evitare un nuovo aumento dei contagi. La proposta, contenuta in un documento messo a punto da Istituto superiore di sanità e governo, è istituire delle «scuole sentinella» in cui monitorare ogni 15 giorni eventuali positività con tamponi molecolari (quindi non rapidi) su campioni di saliva.

Questi test, spiega una nota a margine del documento, «offrono un’alta precisione del risultato e garantiscono il vantaggio della facilità della raccolta del campione». L’unico limite è che risultati arrivano dopo 6-12 ore, quando il bambino è già entrato in classe.

In una prima fase i tamponi saranno fatti — su volontari — con l’ausilio di personale sanitario, poi se ne occuperanno le famiglie, seguendo le istruzioni che garantiscono la correttezza dell’esecuzione. I campioni vanno poi consegnati nei punti di raccolta.

I test molecolari, essendo processati in laboratorio, permettono anche il sequenziamento genomico, per individuare la variante responsabile del contagio. In caso di soggetti positivi/contatti (ad alto o basso rischio), si seguiranno le indicazioni dei Dipartimenti di prevenzione.

Per il ministro dell’Istruzione Patrizio Bianchi però è necessario andare oltre: «I test salivari sono la via, devono essere estesi oltre le scuole sentinella, ma è materia del commissario Figliuolo — ha detto alla Camera —. Se c’è necessità di quarantena riguarda il singolo istituto, non è più possibile estendere questa condizione a tutta la Regione o al Comune. Isoleremo il cluster, ne vedremo la gravità, lo limiteremo; sulle quarantene sentiamo il parere del Cts e delle autorità sanitarie ma la scuola deve rimanere aperta, evitando situazioni di contagio diffuso».

Favorevole al ricorso massiccio ai test salivari anche il sottosegretario alla Salute Pierpaolo Sileri: «Verranno introdotti progressivamente e il loro uso, soprattutto in alcune fasce della popolazione come i bambini sotto i 10 anni, sarà sempre maggiore. Sono pienamente d’accordo che debbano essere impiegati anche per il green pass — ha detto a Radio 1 —. Tamponi e vaccini sono due strade diverse. I primi non proteggono dall’infezione: danno una relativa certezza, al netto dei falsi negativi, di non essere portatore del virus in quel momento».

Dalla Conferenza delle Regioni è emersa poi la richiesta di «migliorare alcuni aspetti» in merito ai test per gli studenti. «Applicheremo il protocollo con test salivari a campione, perché è impossibile farne milioni: in una scuola con mille ragazzi significherebbe convocarli alle 3 di mattina» ha fatto notare il presidente della Liguria Giovanni Toti.

Una proposta di lavoro arriva da Carlo Federico Perno, direttore dell’Unità di Microbiologia all’Ospedale pediatrico Bambino Gesù di Roma: «È molto importante che ci sia un coordinamento a livello nazionale, anziché una situazione in cui ogni Regione si muove per conto suo – ha detto all’agenzia Agi —. Serve sapere cosa si vuole da questo tipo di studio, perché un conto è voler valutare il livello di contagi nelle scuole e un conto è voler proteggere gli studenti e il personale di un determinato istituto. Se l’obiettivo è individuare gli asintomatici bisognerebbe usare il molecolare, se è indagare sui sintomatici il test più indicato è l’antigenico (ovvero il test rapido, ndr)».

«Il tampone salivare molecolare è il più attendibile perché in grado di scovare l’infezione sin dall’inizio con una precisione superiore al 99 per cento (quindi è sovrapponibile al molecolare rinofaringeo, ndr) — prosegue Perno —. Il limite è nei tempi di elaborazione dei risultati: dalle 6 alle 12 ore a seconda dei laboratori. Nel caso del tampone salivare antigenico (rapido) i tempi si riducono molto, il risultato lo si ottiene in un quarto d’ora, mezzora al massimo: lo svantaggio è che è meno sensibile. Se la carica virale è molto alta il test salivare rapido supera il 90% di attendibilità, se invece è bassa si attesta intorno al 10-20%», afferma il virologo, precisando che «l’asintomatico vero e proprio con alta carica virale è rarissimo. La paucisintomaticità invece è frequente in caso di carica virale alta e può riguardare anche un naso che cola, due colpi di tosse. In quel caso comunque l’affidabilità dell’antigenico è alta».

In ogni caso, aggiunge l’esperto, «le due modalità (test salivari molecolari e rapidi, ndr) dovrebbero essere integrate per una valutazione globale della situazione del virus nella scuola: circolazione e malattia. E integrate anche in un sistema che non dimentichi le mascherine, il lavaggio delle mani, il distanziamento. Perché il test molecolare è a valle, non a monte del sistema di sorveglianza e prevenzione. In altre parole, verifica se quello che si è fatto a scuola è stato ben fatto». Quanto alla possibilità di usare il tampone salivare in ogni scuola in caso di sospetto contagio, Perno assicura che «non ci sono preclusioni a farlo dal punto di vista virologico. Il limite è nella disponibilità logistica ed economica, e in questo caso la scelta è politica e non tecnica».

Gian Vincenzo Zuccotti, pediatra e preside della facoltà di Medicina dell’Università Statale di Milano, ritiene che per il rientro a scuola «si poteva fare di più», ovvero «test salivari a tutti i bambini almeno della fascia 0-12 anni dove non c’è l’obbligo vaccinale, per portare in classe tutti coloro che sono negativi e non iniziare a mischiare bambini positivi e negativi. Tenendo conto che non è facile riconoscerli perché sono quasi sempre asintomatici».

È stato proprio il team di Zuccotti ad aver sviluppato tamponi salivari molecolari poco invasivi e adatti ai bambini. «Secondo me è importante nella fascia 0-12 fare una prima selezione all’ingresso e poi seguire la logica random delle classi ogni 15 giorni per capire cosa accade — spiega il pediatra —. Invece verranno sorvegliate solo alcune classi, con il timore che si creino dei piccoli focolai e il rischio di chiudere rapidamente le scuole. Non possiamo più permettercelo, i bambini si ammalano in modo quasi sempre asintomatico ma trasmettono. L’auspicio è quello di essere un po’ più coraggiosi, i numeri lo consentono per questa fascia di età, in ingresso farei il tampone a tutti».

L’uso dei test molecolari e antigenici su saliva è regolato da una circolare del Ministero della Salute pubblicata a maggio. Nel documento viene ribadito che il test molecolare rappresenta il gold standard internazionale per la diagnosi di Covid in termini di sensibilità e specificità, seguito dai test antigenici rapidi che rilevano la presenza di proteine virali (antigeni). L’uso della saliva, spiega la circolare, può essere considerato un’opzione — preferibilmente entro i primi cinque giorni dall’inizio dei sintomi — qualora non sia possibile ottenere tamponi oro/nasofaringei. Inoltre poiché il test su saliva consente un metodo di raccolta non invasivo, è particolarmente indicato per individui asintomatici sottoposti a screening ripetuti per motivi professionali o di altro tipo, soggetti molto anziani o disabili, bambini. Un altro passaggio su cui la circolare si sofferma è la corretta raccolta del campione salivare, cruciale per la buona riuscita del test. Infatti i campioni possono essere eterogenei (saliva orale, saliva orofaringea posteriore) e le diverse tecniche e sedi di raccolta possono avere un impatto sulla sensibilità del metodo.

«Il test salivare, se eseguito correttamente, è assimilabile a quello rinofaringeo — ribadisce Carlo Federico Perno al Corriere —, ma il controllo con i molecolari serve come verifica sui sistemi di prevenzione messi in atto. Il sistema migliore per evitare focolai nelle classi è di contro l’uso su larga scala dei salivari rapidi (antigenici), che hanno sì minore attendibilità, ma permettono di individuare rapidamente i soggetti con alta carica virale (che quindi possono trasmettere il contagio) anche prima che entrino in classe, ed evitare così che infettino gli studenti e il personale a scuola».

Uno studio dell’Ospedale Bambino Gesù, i cui risultati sono stati presentati in anteprima al ministro dell’Istruzione Bianchi, mostra che i salivari sono un ottimo sistema per monitorare la situazione nelle scuole. In un anno sono stati fatti monitoraggi mensili in due istituti di Roma. Solo 21 i casi positivi rilevati (lo 0,2% su oltre 11mila test) e nessuna diffusione del contagio all’interno delle aule. «Se vengono rispettate le giuste misure di prevenzione e viene fatta corretta educazione, la scuola rappresenta un luogo sicuro», ha commentato la presidente dell’Ospedale, Mariella Enoc. L’obiettivo del progetto era verificare il rischio di diffusione di Covid negli istituti scolastici, attraverso la somministrazione di test salivari molecolari ed esami del sangue a studenti, i professori e il personale Ata.

Le scuole coinvolte, a partire da settembre 2020, sono state l’Istituto comprensivo Regina Elena e l’Istituto paritario Santa Maria Ausiliatrice. Hanno aderito al progetto più di mille studenti — da 5 a 19 anni — e circa 200 tra insegnanti e personale, con un’adesione del 96%. I primi risultati, riferiti ai primi tre mesi di monitoraggio, sono stati pubblicati a febbraio sulla rivista Italian Journal of Pediatrics: venivano riportati solo 16 casi di positivi e nessun contagio tra le classi. I risultati finali, relativi all’intero anno scolastico, saranno oggetto di un nuovo lavoro scientifico. «L’utilizzo periodico dei test salivari si è rivelato un’ottima strategia di monitoraggio, che va senz’altro incoraggiata» ha concluso il direttore del Dipartimento emergenza, accettazione e pediatria generale del Bambino Gesù, Alberto Villani.

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