Seconda lingua già alla Primaria e Inglese all’Infanzia

Bruno Lorenzo Castrovinci,  Orizzonte Scuola

Perché introdurre una seconda lingua comunitaria già alla Primaria e l’Inglese all’Infanzia:
30 ore settimanali risorsa preziosa.

 

In un mondo sempre più globalizzato, la conoscenza delle lingue straniere rappresenta una competenza fondamentale, non solo per comunicare efficacemente in contesti internazionali, ma anche per favorire lo sviluppo di un pensiero critico, flessibile, aperto alla diversità e capace di cogliere le sfumature culturali che arricchiscono le relazioni umane. L’introduzione dello studio di una seconda lingua già nella scuola primaria, e ancor prima l’avvicinamento precoce all’inglese nella scuola dell’infanzia attraverso giochi, canzoni e attività di storytelling, si configura come una scelta pedagogica strategica e lungimirante. Questa scelta non solo contribuisce allo sviluppo armonico delle capacità cognitive e comunicative dei bambini, ma favorisce anche una precoce interiorizzazione del concetto di pluralità culturale.

La scuola italiana, da sempre attenta alla formazione integrale della persona, ha attraversato diverse fasi nel percorso di apertura linguistica, passando da una visione monolingue centrata sull’italiano a una più inclusiva e proiettata verso l’Europa e il mondo. In tale scenario, oggi più che mai, l’uso consapevole della quota di autonomia scolastica, insieme alle opportunità offerte dall’ampliamento del tempo scuola, consente alle istituzioni scolastiche di personalizzare e potenziare l’offerta formativa linguistica. Si tratta di un’opportunità per costruire ambienti di apprendimento più ricchi, motivanti e capaci di rispondere alle esigenze delle nuove generazioni, preparando i cittadini del futuro ad affrontare le sfide di un mondo interconnesso, complesso e in continuo cambiamento.

Lo studio delle lingue nella scuola primaria nella storia della scuola italiana

Storicamente, l’insegnamento delle lingue straniere nella scuola primaria italiana è stato introdotto in modo strutturato solo a partire dagli anni Novanta. Prima di allora, l’apprendimento linguistico era relegato ai gradi di istruzione superiori, in particolare alla scuola media e agli istituti secondari di secondo grado. Con la riforma scolastica del 1990 (Legge n. 148), l’insegnamento obbligatorio della lingua straniera venne esteso alla scuola elementare, inizialmente con due ore settimanali, e la lingua più comunemente adottata fu l’inglese, in linea con le direttive europee sulla promozione del multilinguismo.

Questa apertura segnò un passaggio significativo, poiché riconosceva finalmente l’importanza dell’apprendimento precoce delle lingue straniere anche nei contesti scolastici italiani. Successivamente, la Riforma Moratti del 2003 consolidò la presenza dell’inglese nella scuola primaria, stabilendo l’obbligo dell’insegnamento fin dalla prima classe, con l’obiettivo di garantire una competenza linguistica di base già nei primi anni dell’istruzione. Tuttavia, la possibilità di introdurre una seconda lingua straniera è rimasta finora marginale, nonostante il crescente interesse delle famiglie, il supporto di molte ricerche educative e l’esempio di numerosi Paesi europei dove lo studio di due lingue straniere è la norma già nella scuola primaria.

Solo in anni recenti, grazie all’autonomia scolastica e alla crescente sensibilità verso il potenziamento dell’educazione linguistica, alcune istituzioni scolastiche hanno iniziato a sperimentare modelli plurilingui, promuovendo l’introduzione di una seconda lingua straniera già nella scuola primaria, soprattutto nell’ambito di progetti europei Erasmus+, eTwinning e partenariati internazionali. Ciò dimostra che il cambiamento è possibile, a patto che sia accompagnato da una visione strategica, da una formazione adeguata del personale e da una progettazione curricolare coerente e flessibile.

Utilizzo della quota di autonomia per modificare il quadro orario nella scuola primaria

Grazie all’autonomia scolastica sancita dal DPR 275/1999, ogni istituzione scolastica può definire il proprio curricolo, anche intervenendo sul quadro orario, per rispondere in modo più aderente ai bisogni formativi del territorio e della propria utenza. In particolare, le scuole primarie possono utilizzare la quota del 20% dell’orario curricolare per personalizzare l’offerta formativa, includendo nuove discipline, riorganizzando i tempi scuola o potenziando quelle già esistenti con modalità innovative e multidisciplinari. In questo modo, è possibile introdurre una seconda lingua straniera, come il francese, il tedesco o lo spagnolo, già a partire dalla classe terza, articolando percorsi curricolari e laboratoriali integrati con le altre discipline.

L’introduzione di una seconda lingua non rappresenta un’alterazione del curricolo nazionale, ma piuttosto una sua valorizzazione, attraverso l’esercizio della libertà progettuale e pedagogica delle scuole, nel rispetto degli obiettivi generali del sistema di istruzione. Tale scelta può essere rafforzata da accordi di rete, partenariati educativi, collaborazioni con enti accreditati per la formazione linguistica, istituzioni culturali, ambasciate e associazioni linguistiche, nonché progetti europei Erasmus+ e piattaforme come eTwinning. Inoltre, può essere inserita in una più ampia progettazione verticale di istituto che favorisca la continuità e il rafforzamento delle competenze plurilingui, lungo tutto il primo ciclo di istruzione.

Chi può insegnare la seconda lingua nella scuola primaria

L’insegnamento di una seconda lingua straniera nella scuola primaria può essere affidato a docenti in possesso di specifiche competenze linguistiche e metodologiche. In primo luogo, possono svolgere tale insegnamento gli insegnanti della scuola primaria che abbiano conseguito una certificazione linguistica almeno di livello B2 del QCER (Quadro Comune Europeo di Riferimento per le Lingue) nella lingua di riferimento, accompagnata da una formazione metodologica specifica per l’insegnamento delle lingue a bambini in età evolutiva. È auspicabile che tali insegnanti partecipino anche a corsi di aggiornamento e formazione continua, al fine di mantenere alto il livello qualitativo dell’insegnamento.

In alternativa, l’insegnamento può essere svolto da docenti specialisti, ossia insegnanti di lingua straniera abilitati per il primo ciclo d’istruzione, che abbiano già maturato esperienze nel campo dell’educazione linguistica e siano in grado di progettare percorsi integrati e motivanti. Un’altra possibilità è rappresentata dagli esperti esterni qualificati, come madrelingua o formatori linguistici, inseriti nell’ambito di progetti deliberati dal collegio docenti e approvati dal consiglio d’istituto. Tali esperti possono offrire un apporto altamente qualificato, in grado di arricchire l’offerta formativa con approcci autentici e comunicativi, contribuendo anche a formare il personale docente interno, mediante attività di co-teaching.

Le scuole possono, inoltre, avvalersi di figure professionali attraverso convenzioni con istituti di cultura (come l’Alliance Française, l’Istituto Cervantes, il Goethe-Institut), enti accreditati dal MIUR per la formazione linguistica, associazioni culturali e linguistiche locali o internazionali, con l’obiettivo di garantire la qualità, la continuità e la coerenza dell’insegnamento della seconda lingua. È fondamentale che queste figure collaborino in modo armonico con il team docente, all’interno di un progetto linguistico di istituto condiviso, strutturato e monitorato nel tempo.

Il CLIL in una seconda lingua nella scuola primaria

Il Content and Language Integrated Learning (CLIL) rappresenta una metodologia innovativa, che consente l’apprendimento di contenuti disciplinari attraverso l’uso veicolare di una lingua straniera. Questo approccio integrato unisce l’apprendimento linguistico a quello disciplinare, offrendo agli studenti un contesto autentico e motivante in cui sviluppare competenze plurime. Sebbene formalmente previsto e reso obbligatorio nel secondo ciclo di istruzione, il CLIL può essere introdotto in forma sperimentale e graduale già nella scuola primaria, con modalità adeguate all’età degli alunni e attraverso attività didattiche multisensoriali, ludiche e cooperative.

Ad esempio, discipline come geografia, scienze, educazione musicale o arte possono essere parzialmente insegnate in una seconda lingua straniera, integrando l’uso del lessico disciplinare in contesti concreti. In questo modo, l’apprendimento linguistico avviene in modo naturale e significativo, potenziando al contempo la motivazione degli studenti e la loro partecipazione attiva. L’ambiente CLIL favorisce l’immersione linguistica e culturale, stimola la curiosità, la creatività, il pensiero critico e la capacità di collegare concetti in modo trasversale.

Numerosi studi internazionali hanno evidenziato come l’approccio CLIL, se ben progettato e supportato da adeguata formazione docente, migliori non solo le competenze linguistiche, ma anche i risultati nelle materie curriculari, contribuendo allo sviluppo di competenze chiave europee. Inoltre, l’adozione precoce di questa metodologia può rappresentare un primo passo verso una scuola plurilingue, capace di rispondere alle sfide educative del XXI secolo, nel rispetto della diversità linguistica e culturale.

I vantaggi cognitivi dell’apprendimento linguistico precoce

Numerosi studi neuroscientifici dimostrano che l’apprendimento linguistico precoce migliora le funzioni esecutive del cervello, potenzia la memoria di lavoro, la concentrazione, la capacità di pianificazione e di risoluzione dei problemi complessi. Le ricerche in neuroeducazione evidenziano come l’esposizione a più lingue, fin dalla tenera età, attivi in modo più esteso e sinergico le aree corticali prefrontali, temporali e parietali, migliorando la plasticità cerebrale e la capacità di gestire l’alternanza tra codici linguistici differenti. Ciò stimola lo sviluppo della flessibilità cognitiva, ovvero la capacità di adattare il pensiero in funzione di contesti e stimoli diversi, e rafforza il pensiero astratto e simbolico.

Inoltre, apprendere una seconda lingua durante l’infanzia favorisce lo sviluppo della consapevolezza metalinguistica, ovvero la capacità di riflettere e ragionare in modo analitico sulle strutture del linguaggio, con effetti positivi anche sull’acquisizione e sul consolidamento della lingua madre. I bambini bilingui mostrano una maggiore attenzione selettiva e una più precoce comprensione del funzionamento della grammatica, del lessico e delle funzioni comunicative. A livello sociale ed emotivo, la conoscenza di una lingua straniera favorisce empatia, apertura mentale, tolleranza e comprensione interculturale, facilitando la costruzione di relazioni positive e rispettose della diversità. L’apprendimento precoce di più lingue contribuisce infine a rafforzare l’autostima, il senso di competenza e la motivazione intrinseca all’apprendere, creando un terreno fertile per la crescita integrale dell’individuo.

Attività opzionali aggiuntive nel tempo scuola fino a 30 ore settimanali

Nel modello di tempo scuola a 30 ore settimanali, le tre ore opzionali oltre le 27 previste dal curricolo obbligatorio rappresentano una risorsa preziosa per ampliare l’offerta formativa e promuovere attività di potenziamento, tra cui l’insegnamento di una seconda lingua comunitaria, come il francese, il tedesco o lo spagnolo. Queste attività opzionali aggiuntive sono scelte liberamente dalle famiglie all’atto dell’iscrizione e possono essere svolte anche in modalità a classi aperte, favorendo l’incontro e lo scambio tra alunni di sezioni diverse.

Nel caso specifico dell’insegnamento linguistico, i gruppi possono essere organizzati per livello di competenza raggiunto, così da consentire un apprendimento più efficace e personalizzato. Le stesse ore possono essere calendarizzate all’interno dell’orario scolastico antimeridiano, integrandosi con le altre discipline. Le scuole possono optare per una distribuzione su cinque giorni con sei ore giornaliere, oppure su sei giorni con cinque ore giornaliere, o comunque secondo le necessità e le risorse specifiche del territorio e dell’organizzazione interna dell’istituto.

L’insegnamento di queste attività deve essere assegnato prioritariamente ai docenti dell’organico dell’autonomia, in quanto le risorse professionali e orarie vengono attribuite a livello provinciale, secondo le dotazioni organiche determinate dal Ministero. Questo consente di valorizzare le competenze presenti nella scuola, garantendo al contempo la sostenibilità e la coerenza didattica dell’intervento, in linea con il Piano Triennale dell’Offerta Formativa (PTOF).

Conclusione

L’introduzione dello studio di una seconda lingua già nella scuola primaria, e ancor più l’insegnamento precoce dell’inglese nella scuola dell’infanzia, rappresentano un investimento strategico nel capitale umano delle nuove generazioni, contribuendo alla formazione di cittadini consapevoli, aperti e competenti sul piano linguistico e interculturale. Questa scelta educativa, supportata dalle più recenti evidenze neuroscientifiche e pedagogiche, permette di intervenire nei momenti più fertili dello sviluppo cognitivo ed emotivo, consolidando le basi per un apprendimento linguistico duraturo ed efficace.

Utilizzando in modo intelligente e progettato gli spazi di autonomia scolastica, nonché le risorse del tempo scuola, è possibile costruire percorsi educativi più ricchi, articolati e inclusivi, capaci di valorizzare le differenze, stimolare la curiosità e favorire lo sviluppo di competenze chiave per la cittadinanza globale. L’introduzione di una seconda lingua, sin dalle prime fasi del percorso scolastico, consente inoltre di potenziare l’offerta formativa complessiva, accrescendo il prestigio dell’Istituto, rispondendo alle attese delle famiglie e creando una cultura scolastica dell’internazionalizzazione, in linea con gli obiettivi strategici dell’Unione Europea in materia di istruzione e multilinguismo.

 

.

Condividi questa storia, scegli tu dove!