Scuola di serie A e di serie B, divario enorme tra Nord e Sud

di Adriana Pollice il manifesto

Un bambino di 10 anni del Centro Nord ha assicurato, in media, 1.226 ore di formazione dal sistema scolastico pubblico; un suo coetaneo del Sud dovrà invece arrangiarsi con 200 ore in meno, niente mensa e quindi niente dieta bilanciata e pure niente palestra. Su questo mattoncino si sviluppa il sistema di diseguaglianze che frena l’Italia nel complesso e nega diritti di cittadinanza almeno a un terzo degli abitanti. La fotografia di come funziona, male, il Paese l’ha fornita la Svimez con l’Altra Napoli onlus nell’incontro «Un paese due scuole».

NEL SUD circa 650mila alunni delle primarie statali (79%) non beneficiano della mensa. In Campania se ne contano 200mila (87%), in Sicilia 184mila (88%), in Puglia 100mila (65%), in Calabria 60mila (80%). Nel Centro Nord gli studenti senza mensa sono 700mila, il 46% del totale. Di più: solo il 18% degli alunni del Sud accede al tempo pieno rispetto al 48% del Centro Nord. Molto bassi i valori di Molise (8%) e Sicilia (10%).

GLI ALLIEVI della primaria nel Mezzogiorno frequentano mediamente 4 ore di scuola in meno a settimana rispetto a quelli del Centro Nord. La differenza tra le ultime due regioni (Molise e Sicilia) e le prime due (Lazio e Toscana) è, su base annua, di 200 ore. Circa 550mila allievi delle primarie del Mezzogiorno (66% del totale) non frequentano scuole con palestra. Solo la Puglia ha una buona dotazione, mentre sono in netto ritardo Campania (170mila allievi privi del servizio, 73% del totale), Sicilia (170mila, 81%), Calabria (65mila, 83%). Nel Centro Nord, gli allievi della primaria senza palestra, invece, sono il 54%. Nel meridione quasi un minore su tre tra i 6 e i 17 anni è in sovrappeso, un ragazzo su cinque nel Centro Nord.

RISORSE PUBBLICHE. Tra il 2008 e il 2020, la spesa complessiva in termini reali si è ridotta del 19,5% al Sud, oltre 8 punti in più del Centro Nord; gli investimenti, poi, sono calati di quasi un terzo contro il 23% nel resto del Paese. Rapporto tra spesa e studenti: al Sud è di circa 100 euro annui inferiore rispetto al resto del Paese (5.080 euro per studente contro 5.185). Lo scarto aumenta se si considera il solo comparto della scuola, con una spesa per studente di 6.025 euro al Sud contro 6.395 del Centro Nord. Lo scarto è più significativo per la sola spesa in investimenti: 34,6 contro 51 euro per studente.

«LA DEBOLEZZA dell’offerta scolastica e la limitata qualità dei servizi pubblici – spiega la Svimez – alimentano il processo di denatalità e i flussi di migrazione giovanile con il conseguente adeguamento al ribasso dell’offerta di istruzione». Tra il 2015 e il 2020 il numero di studenti del Sud (dalla materna alle superiori) si è ridotto di quasi 250mila unità mentre sono calati di 75mila unità nel Centro Nord.

IL PRESIDENTE SVIMEZ, Adriano Giannola: «Con l’autonomia differenziata i divari educativi rischiano di costituzionalizzarsi cioè di diventare costituzionalmente garantiti, una garanzia in peggio. Un governo che con molto orgoglio si dichiara nazionale sta cedendo sovranità a delle periferie inefficienti come le regioni, a partire dalla Lombardia, su infrastrutture strategiche». L’Istat attesta una perdita al Sud di 525mila residenti dal 2012 al 2021: «Sono migrati 1 milione 138mila persone – prosegue -, ne sono tornate 600mila, non i giovani, consolidando la situazione demografica italiana che è la più problematica dell’Ue. Parliamo dell’autonomia differenziata con allegria, siamo al ridicolo tragico. Speriamo in un salto di consapevolezza anche a difesa del Nord».

NELLA LEGGE DI BILANCIO si prevedono gli accorpamenti di istituti, cioè la contrazione delle scuole, per il 70% nel Mezzogiorno. Il direttore Svimez, Luca Bianchi: «Il disinvestimento lo pagano le aree più deboli. Il Sud è dentro un circolo vizioso in cui meno servizi determinano meno spesa e meno investimenti per la scuola, questo sfavorisce la natalità attivando ancora il circolo perverso. Dobbiamo invertire la rotta investendo nelle aree in cui c’è degrado e denatalità e non assecondare la scomparsa della scuola nel Sud». Invece le regioni del Nord, ma anche il ministro Valditara, pensano a stipendi su base regionale, che innescherebbe un drenaggio di insegnanti verso Nord.

E POI C’È IL PNRR: «Sappiamo per ogni singola scuola dove c’è il tempo pieno, dove c’è o non c’è la mensa o la palestra – prosegue Bianchi -, le risorse si dovrebbero distribuire in base ai fabbisogni e non con i bandi, che viceversa favoriscono le realtà con maggiore capacità amministrativa. La priorità oggi è rafforzare il sistema soprattutto nelle aree marginali, aumentando l’offerta formativa dove più alto è il rischio di abbandono. Il quadro che emerge dai dati, e che rischia di rafforzarsi se passano le proposte di autonomia, è quello di adattare l’intensità dell’azione pubblica alla ricchezza dei territori, con maggiori investimenti e stipendi nelle aree che se li possono permettere, pregiudicando la funzione della scuola: fare uguaglianza».

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