Reclutamento. La qualità professionale dei docenti è un diritto degli alunni

I risultati non certamente esaltanti del concorso straordinario della secondaria, concluso con la recentissima nomina dei vincitori, hanno posto una serie di interrogativi, riferiti, in particolare, alla inattesa pesante selezione di migliaia di candidati.

Mesi fa, davanti ai primi risultati negativi della selezione, erano stati avanzati dubbi sulla modalità di svolgimento dello scritto (unica prova dell’intero concorso) relativamente ai tempi assegnati e ai criteri di valutazione, nonché sui contenuti dei quesiti ritenuti forse non adeguati a valutare la competenza dei particolari candidati (comunque ammessi per una anzianità minima di almeno tre anni di servizio).

Tuttavia, quando, giorno dopo giorno, la pesante selezione dei candidati risultava pressoché estesa a quasi tutte le 110 classi di concorso, non sono sembrate sufficientemente motivate le prime ipotesi sulle risultanze negative (modalità di svolgimento, griglie di valutazione, contenuti dei quesiti).

Alla fine sono rimasti vacanti 10mila dei 32mila posti a concorso, perché soltanto il 43,5% dei 66mila candidati hanno superato lo scritto.

A concorso straordinario concluso, che comunque verrà forse replicato nei prossimi mesi sia per colmare i nuovi posti vacanti sia per offrire una nuova opportunità alle migliaia di docenti precari, è legittimo porsi una serie di domande nell’interesse dell’utenza, non prima di avere chiarito una priorità del sistema: vengono sempre prima i diritti degli alunni rispetto a quelli del personale scolastico. Ed è proprio la qualità professionale dei docenti, accertata con adeguata selezione, la garanzia del diritto degli alunni. Alcune forze politiche e sindacali antepongono invece la questione dei docenti a quella degli alunni.

A proposito di qualità professionale, ha destato scalpore, durante l’audizione del ministro Bianchi, quanto riferito dall’on. Aprea, secondo cui è stata immessa in ruolo una maestra di 54 anni, inserita in graduatoria un paio d’anni fa, grazie al titolo di maestra con il titolo abilitante conseguito in scuola magistrale negli anni 80-90, al termine di tre anni di studio. Un caso? Temiamo di no. Il titolo di studio dovrebbe valere, ma non è neanche sufficiente. Andrebbe accertata in modo adeguato una complessiva competenza professionale che troppo spesso manca. Non ci stupiamo se poi i livelli di apprendimento sono insoddisfacenti.

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