Pensioni, tre mesi in più dal 2027. Il Mef: “Blocchiamo tutto in manovra”
di Valentina Conte, la Repubblica
Il Mef: “Blocchiamo tutto in manovra”. Ma il conto pesa miliardi. In arrivo il decreto che certifica l’aumento dei requisiti di vecchiaia e anticipata. Per sterilizzarli servono coperture ingenti. Rischio slittamento al 2026.
ROMA – Il governo Meloni promette di bloccare i tre mesi in più per andare in pensione previsti dal 2027. E ora assicura di volerlo fare già nella prossima legge di bilancio, assicura il ministero dell’Economia. Ma il costo, dalle prime stime, è di alcuni miliardi. Il rischio è che intanto arrivi un decreto che recepisce l’aumento di età e contributi – sancito da Istat e Ragioneria – ma che le risorse per bloccarlo si trovino solo nella manovra successiva, l’ultima prima del voto nel 2027.
A gennaio la Cgil scopre che l’Inps ha già aggiornato i propri sistemi con i nuovi requisiti: 67 anni e 3 mesi per la pensione di vecchiaia e 43 anni e 1 mese di contributi per l’anticipata (un anno in meno per le donne) dal 2027. Il sindacato parla di “profonda preoccupazione” e denuncia “la mancanza di trasparenza istituzionale”. Non solo: secondo la Cgil, così si rischiano 44mila nuovi esodati, lavoratori che tra 2020 e 2024 hanno firmato accordi di uscita anticipata con le aziende e che dal 2027 si ritroverebbero senza reddito né pensione per tre mesi.
Le rassicurazioni del governo
Pochi giorni dopo interviene il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon, che a gennaio e poi di nuovo a marzo conferma il pasticcio tecnico ma assicura che l’aumento non scatterà: “Faremo di tutto per scongiurarlo”.
Giorgetti ferma tutto
A gennaio e nei mesi successivi è il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti a raffreddare la questione. “Sono per sterilizzare l’aumento”, dichiara, spiegando di aver chiesto alla Ragioneria di sospendere i decreti in attesa di una decisione politica. Tradotto: il governo blocca per ora l’iter dell’aumento, per guadagnare tempo e trovare le risorse. Ora ci siamo, a ottobre arriva la manvors
Quanto costa bloccare i tre mesi
Sterilizzare l’adeguamento automatico alla speranza di vita richiede alcuni miliardi di euro. Il governo punta a inserirli nella prossima legge di bilancio, ma se i conti non lo permetteranno l’intervento potrebbe slittare alla manovra 2026, l’ultima della legislatura. Nel frattempo, il decreto che recepisce i nuovi requisiti va comunque fatto per legge entro il 2025.
La spesa pensionistica è destinata a crescere inesorabilmente: dai circa 365 miliardi di euro previsti per il 2027, raggiungerà il picco del 17,1% del PIL entro il 2040, un valore significativamente superiore alla media europea. Il trend crescente continuerà fino al 2043, nonostante le riforme degli ultimi trent’anni abbiano tentato di contenere l’espansione della spesa previdenziale.
La genesi di un meccanismo controverso
L’adeguamento automatico nasce da una logica apparentemente ineccepibile: se la popolazione vive più a lungo, deve anche lavorare più a lungo per mantenere l’equilibrio del sistema pensionistico. Il principio, codificato nella legislazione durante la crisi del debito sovrano, rappresentava una garanzia di sostenibilità a lungo termine per le finanze pubbliche.
Il calcolo si basa sui dati Istat sulla speranza di vita comunicati ogni due anni. L’ultimo rilevamento, diffuso a fine marzo 2024, ha confermato che dal 1° gennaio 2027 i requisiti pensionistici subiranno un incremento generalizzato di tre mesi. Un aggiustamento che coinvolgerà sia la pensione di vecchiaia (da 67 a 67 anni e 3 mesi) sia quelle anticipate, con soglie che si sposteranno rispettivamente a 43 anni e 1 mese per gli uomini e 42 anni e 1 mese per le donne.