Numeri, voti e valutazione
di Andrea Ceriani, La Tecnica della scuola
Nessun docente, nonostante griglie e voti, valuta in modo matematico, freddo e asettico.
La ormai più che nota (ed esaltata) protesta contro il vigente sistema di valutazione (troppo competitivo e poco formativo) di alcuni giovani ‘maturati’ ha trovato ‘sponda’ e sostegno (era prevedibile) presso alcuni (non molti fortunatamente) studiosi dell’educazione ed è finita (era naturale) per trasformarsi in una critica (quasi un atto di accusa) anche verso i docenti.
Questi i capi di imputazione:
1) Giudicare gli alunni con numeri attraverso una valutazione sommativa, fino a farli diventare solo dei numeri.
2) Non curare il loro benessere psicologico.
3) Non motivarli nello studio.
4) Non saper dialogare con loro in modo inclusivo per una crescita vera e un apprendimento autentico.
Ora, in 35/36 anni di insegnamento (sfibrante insegnamento) ho sentito (e subito) tali critiche e le corrispondenti richieste molte, molte volte (il programma non è tutto, il voto va ridimensionato, la centralità dell’alunno, il prendersi cura degli allievi, l’importanza di una effettiva crescita, l’opportunità di auto-realizzarsi, l’attenzione alle competenze, il sentirsi bene a scuola, l’assistenza psicologica, la comprensione, la fiducia ed altro ancora) e posso assicurare che in questi decenni il Legislatore è intervenuto, più volte (anche troppe) proprio in questo senso, portando la scuola ad una significativa trasformazione (migliore di prima?).
Nell’attuale sistema scolastico (un sistema altamente ‘inclusivo’) parole come valutazione formativa (accanto a quella sommativa non molto apprezzata), giudizi ampi e ragionati (non reclusi al solo dato numerico), autovalutazione, collaborazione senza competitività, responsabilizzazione, spazio alle idee, educazione integrale, aiuto ai ‘fragili’, presidio psicologico, apprendimento ‘naturale’, motivazione e dialogo (dialogo con gli allievi, quasi alla pari, per capirne dubbi e timori, speranze e sogni e i genitori), innovazione metodologica (ormai esistono mille e uno metodi didattici, oltre alla necessaria e avversata lezione frontale) e valutativa, ebbene queste e altre ‘parole chiave’ nel nostro sistema educativo sono ben presenti (da quanto mi è dato vedere) in ogni scuola, presenti, vive, attive e intoccabili.
Forse necessitano di revisioni (non troppe però) considerando il continuo e rapido cambiamento della società (società tecnologica), degli allievi (spesso problematici) ed anche, non troppo veloce però, degli insegnanti. Ma nessun docente, nonostante griglie e voti, valuta, adesso, in modo matematico, freddo e asettico. Ognuno vede e annota nel corso dell’anno i progressi dell’alunno (o i mancati progressi), condividendo le sue impressioni con i colleghi di corso, gli alunni stessi e i genitori (anche fin troppo). Nessun docente (non potrebbe neanche farlo) si sottrae ad un confronto con colleghi, allievi e genitori; nessun collega, prima di proporre la necessaria valutazione (di qualsiasi tipo) allo scrutinio finale, non dedica tempo a meditare, a ripercorrere l’anno scolastico dell’alunno, a rivedere qualche suo scritto, a rileggere gli appunti presi sul discente durante i lunghi mesi di lezione.
Nella stessa Maturità, poi, pur dovendo esprimere giudizi numerici, si tiene conto (in modo sostanzioso) del percorso dell’allievo e si osserva la sua maturità non tanto (o non solo) negli scritti, ma soprattutto nel colloquio, dove il giovane ha sempre più la possibilità, pur dovendo restare in qualche modo ancorata ai programmi, di esprimersi liberamente (con educazione ovviamente) e di far conoscere, per quanto il tempo lo consenta, la sua personalità anche al di là di quanto svolto a scuola (altro che volontaria scena muta).
Ormai da tempo la scuola è (in modo anche frenetico) in continuo aggiornamento (nuovi e inimmaginabili corsi di aggiornamento vengono proposti e imposti) per rispondere alle richieste (sempre giuste?) di famiglie e ragazzi e sempre più, nei corridoi dell’“educazione”, si sovrappongono ai docenti educatori, specialisti di sostegno e psicologi. Ormai da tempo è quasi una ‘bestemmia’ parlare di una scuola che trasmette solo nozioni (alcune nozioni sono invece indispensabili). No, l’alunno, attraverso determinati e studiati percorsi ‘personali’ di apprendimento deve arrivare, da solo, a conquistare la conoscenza (e non pochi sono i fallimenti).
Questo non significa che ora si è fatto tutto quanto è necessario (ma si è fatto bene?), certamente qualcosa ancora occorre mettere in atto ma, sinceramente (pur comprendendo l’irruenza dei giovani e la naturale indole di quella età a contestare, anche dove nulla c’è da contestare), leggere da parte di qualche studioso del settore critiche di tal genere, come se fossero nuove e come se nulla si fosse fatto in questi decenni (apprezzabile o meno apprezzabile) è assai triste.
No, cari ragazzi, nessuno vi considera numeri ma persone né, tanto meno, vi giudica come persone in tutta la loro complessità. Si tratta di cercare di capire (utilizzando una qualche forma di valutazione o di monitoraggio) la vostra preparazione, le competenze e la maturità raggiunta finora (obiettivo delicato e non sempre realizzato). E in questo dovete aiutarci anche voi. Nessuno vi considera numeri a scuola, ma giovani donne e giovani uomini a cui prestare la massima attenzione.
Piuttosto state attenti nella vita a non essere considerati numeri o macchine o rotelle di complicati ingranaggi o volti senz’anima. State attenti a che non vi venga negata la personalità, in questa vita competitiva (come forse lo è sempre stata) di lotta e contrasto, di vincitori o vinti, per essere visti solo come oggetti utili numerati o robot rotti numerati da scartare. Da questo guardatevi.
La scuola? No, a scuola non siete numeri.