Maturità 2025, prova anacronistica senza funzione selettiva
di Andrea Carlino,
Maturità 2025: l’esame che promuove tutti con voti sempre più alti: una prova anacronistica che ha perso la sua funzione selettiva?
L’esame di maturità, che è iniziato mercoledì scorso con la prova d’italiano, continua a essere percepito come un momento importante, ma i dati raccontano una storia diversa: quasi tutti vengono promossi con voti elevati, soprattutto nei licei e in alcune regioni del Sud.
Voti alti in crescita costante, anche dopo il Covid
Come segnala il ricercatore Lorenzo Ruffino, nella sua newsletter, l’analisi della distribuzione dei voti nel 2024 mostra un quadro eloquente: il 9,8% degli studenti ha ottenuto il massimo dei voti (100 o 100 e lode), mentre l’11,2% si è diplomato nella fascia 91-99. Complessivamente, oltre 12.700 studenti hanno ricevuto la lode, un numero che testimonia l’inflazione dei voti eccellenti. La fascia 81-90 ha interessato il 17,7% dei diplomati, quella 71-80 il 29,4%, mentre solo il 31,9% si è fermato nella fascia minima 60-70.
Questi numeri assumono maggiore significato se confrontati con l’evoluzione storica dei voti. Nel 2021, in pieno effetto pandemia, il 16,5% degli studenti aveva conquistato il voto massimo, con appena il 23,3% nella fascia più bassa. Ma anche prima del Covid, tra il 2014 e il 2019, si registrava un trend crescente dei voti alti, suggerendo che la generosità valutativa non sia solo un effetto della didattica a distanza, ma un fenomeno strutturale del sistema scolastico italiano.
Il grande divario tra tipologie di scuola: quando il percorso determina il voto
Le differenze tra indirizzi scolastici rappresentano forse l’aspetto più controverso dell’intero sistema. Nei licei classici, quasi uno studente su cinque (19,9%) ottiene 100 o 100 e lode, mentre un ulteriore 17,2% si diploma con voti tra 91 e 99. La fascia 81-90 interessa il 21,7% degli studenti, creando una situazione in cui oltre la metà dei diplomati del classico (58,8%) esce con voti superiori a 80.
I licei scientifici mostrano percentuali leggermente inferiori ma comunque elevate: 15,8% con il massimo dei voti, 14,8% nella fascia 91-99 e 20,2% tra 81 e 90. Nel complesso, i licei registrano il 13% di studenti con 100 o 100 e lode, una percentuale che si dimezza negli istituti tecnici (7%) e crolla ulteriormente nei professionali (4,7%).
All’estremo opposto, i voti minimi (60-70) riguardano solo il 24,5% degli studenti liceali, ma salgono drasticamente al 39,4% nei tecnici e al 41,2% nei professionali. La disparità solleva interrogativi sulla reale equità valutativa del sistema e sulla possibilità che studenti con competenze simili ricevano valutazioni profondamente diverse in base al percorso scelto.
Il paradosso geografico: Sud eccellente, Nord rigoroso
Le differenze regionali nei voti di maturità disegnano una mappa dell’Italia che contraddice clamorosamente altri indicatori educativi. La Calabria guida la classifica con il 17,8% di studenti con voto massimo, seguita da Puglia (15%), Sicilia (14%) e Campania (12,9%). Anche Umbria (12,2%), Abruzzo (10,7%), Marche, Basilicata e Molise (tutte all’11%) registrano percentuali a doppia cifra.
Il Nord Italia presenta invece un quadro di maggiore “rigore” valutativo: in Lombardia solo il 5,4% ottiene il massimo, in Veneto il 6,4%, in Trentino-Alto Adige il 6,5% e in Piemonte il 6,9%. Friuli-Venezia Giulia, Liguria ed Emilia-Romagna oscillano tra il 7% e l’8%, mentre il Lazio si attesta al 9,2%. La Valle d’Aosta chiude la classifica con appena il 3,9% di voti massimi.
Il confronto con i test standardizzati: quando i numeri si contraddicono
Il paradosso emerge chiaramente confrontando i dati con i risultati dei test Invalsi e Pisa, che misurano le competenze degli studenti con criteri uniformi su tutto il territorio nazionale. Nei test standardizzati, le regioni del Nord ottengono sistematicamente risultati migliori rispetto al Sud, invertendo completamente lo schema dei voti di maturità.
La contraddizione suggerisce che le differenze nei voti di maturità non riflettano reali divari nelle competenze, ma piuttosto diversi standard valutativi applicati dalle commissioni d’esame. I test standardizzati, pur non essendo perfetti, rappresentano oggi il miglior strumento per confrontare sistemi scolastici diversi e offrono una fotografia più oggettiva delle competenze acquisite dagli studenti.
Un esame anacronistico che ha perso la sua funzione selettiva
L’analisi dei dati porta a una conclusione inevitabile: la maturità ha progressivamente perso la sua funzione di strumento selettivo e di orientamento. Con voti che variano così drasticamente in base alla scuola e alla regione, l’esame diventa “poco più che un esercizio autoreferenziale”, incapace di fornire informazioni utili su competenze e preparazione degli studenti.
Dopo cinque anni di interrogazioni, verifiche e scrutini, gli studenti sono già stati ampiamente valutati. Il voto finale potrebbe basarsi sulla media degli ultimi tre anni, come già accade parzialmente oggi. Invece di investire mesi nella preparazione dell’esame, le scuole potrebbero utilizzare quel tempo per offrire un vero orientamento universitario o professionale, rappresentando un passo avanti concreto per studenti e famiglie verso il loro futuro formativo e lavorativo.