La pedagogia del peluche

Da il gessetto

Ci sono molte maniere per educare alla realtà ed alla vita:
quella che prevede l’eliminazione degli ostacoli e delle difficoltà è una delle peggiori.

Si parla tanto di libertà educativa, ma spesso è solo libertà dalla fatica.
Il corsivo è oppressivo, le verifiche stressano, e perfino l’educazione civica spaventa: non sia mai che il bambino scopra di vivere in una società.

Come coordinatrice di un progetto di homeschooling ne ho viste di tutti i colori: genitori terrorizzati dalle “influenze ideologiche”, altri che pretendono coccole al posto di valutazioni. Benvenuti nella mammocrazia pedagogica, dove il principio didattico supremo è: “non disturbare il pupo”.

E così crescono ragazzi che si sentono fragili davanti a ogni ostacolo, convinti che la difficoltà sia un’ingiustizia, non una tappa.

Wilhelm Reich parlava di corazze caratteriali: difese che nascono quando il contatto con la realtà viene negato. E noi, nel tentativo di proteggere i bambini da ogni urto, rischiamo di costruirgliene di nuove — morbide, color pastello, ma pur sempre corazze.

Perché se non si sperimenta il peso delle scelte e la fatica del riparare, la libertà resta solo uno slogan pedagogico.

La vera libertà non è evitare il mondo, ma imparare ad attraversarlo.

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