La “mutua” per insegnanti è una tendenza rischiosa
di Elena Granagliaa, Domani
Un sistema a due livelli. I rischi delle assicurazioni in un contesto di crescente finanziarizzazione della sanità privata.
Nel recente decreto-legge sulle Pa c’è la possibilità di inserire la fornitura di un’assicurazione sanitaria privata nel contratto collettivo del personale della scuola. Si incomincia dagli insegnanti, ma poi come fermarsi di fronte alla richiesta di altre categorie? La via verso il ritorno alle mutue appare spianata, nella totale dimenticanza che proprio i limiti delle mutue hanno portato all’istituzione del Ssn
Ci sono due vie per erodere il welfare pubblico. La prima, più nascosta, è non curare i servizi pubblici, “affamare” la bestia, così alimentando l’insoddisfazione e la sfiducia dei cittadini. La seconda è introdurre misure esplicite di privatizzazione.
Negli ultimi decenni, abbiamo spesso sperimentato la prima via: basti pensare al blocco del pubblico impiego in atto nel Servizio Sanitario Nazionale dal 2005, e solo parzialmente allentato durante il Covid, e ai tanti buchi nell’infrastruttura dei servizi sociali. Questo governo, invece, non solo ha accentuato l’incuria per il pubblico. Procede anche verso un’esplicita privatizzazione.
L’ultimo atto è la predisposizione, nel recente decreto-legge sulle pubbliche amministrazioni, della possibilità di inserire la fornitura di un’assicurazione sanitaria privata nel contratto collettivo del personale della scuola.
Le risorse disponibili sono 20 milioni di euro per il 2025 e 50 milioni per gli anni successivi fino al 2029, con copertura a carico della corrispondente riduzione del Fondo per il funzionamento delle istituzioni scolastiche. Il rinnovo del contratto in atto è il primo banco di prova.
L’atto è caduto nel silenzio, tranne rare eccezioni, quali la voce critica di Vittorio Agnoletto. Eppure, dovrebbe essere un campanello forte di allarme. Si incomincia dagli insegnanti, ma poi come fermarsi di fronte alla richiesta di altre categorie? La via verso il ritorno alle mutue appare spianata, nella totale dimenticanza che proprio i limiti delle mutue hanno portato all’istituzione del Ssn.
Un sistema a due livelli
Gli insegnanti, certamente, non sono l’unica categoria di lavoratori e lavoratrici, il cui contratto prevede l’accesso alle assicurazioni private. Già oggi diversi contratti collettivi contemplano tale possibilità, facendo leva sulla deducibilità dal reddito imponibile di un importo fino a 3.615 euro.
A ciò si aggiungono le agevolazioni previste dal welfare aziendale. L’estensione strutturale a un’intera categoria di dipendenti pubblici segna, però, una cesura più netta, aprendo, di fatto, la porta ad un sistema sanitario a due livelli.
Si potrebbe sostenere che assicurazioni e fondi nulla tolgono al Ssn, in quanto integrano, ma non sostituiscono il Ssn. In Italia, tuttavia, per essere integrativi, basta offrire il 20 per cento di prestazioni aggiuntive. L’80 per cento può essere formato da prestazioni perfettamente sostitutive.
Il che crea costi per il Ssn, per gli effetti sia di concorrenza sul personale sia di selezione, con il privato che si prende le prestazioni più remunerative, e rischi di ulteriore svalutazione del servizio per chi resta dentro.
I rischi delle assicurazioni
In ogni caso, le assicurazioni segnano il ritorno al welfare censitario: chi ha i mezzi per pagare, riceve più di altri, in contrasto con l’articolo 32 della costituzione che impone di soddisfare il diritto alla tutela della salute.
Nel caso della sanità integrativa, poi, il prezzo è addirittura pagato (in parte, per i dipendenti privati o totalmente, nel caso dei dipendenti pubblici) da tutti coloro che pagano le imposte, inclusi i lavoratori privi di una copertura integrativa, non pochi soggetti, data la frammentazione e la precarietà del mondo del lavoro oggi.
Le assicurazioni, inoltre, offrono un’assistenza con profili critici anche per chi ne beneficia. Offrono una sanità più costosa e a maggiore rischio di inappropriatezza, in particolare nei confronti di visite specialistiche e accertamenti diagnostici per i quali la redditività è maggiore, così impegnando risorse che, nella contrattazione, potrebbero più proficuamente andare all’incremento delle retribuzioni.
Il rischio è tanto maggiore oggi, in un contesto di crescente finanziarizzazione della sanità privata. Sottovalutano, altresì, le esigenze di presa in carico, di contrasto ai determinanti sociali della salute, di integrazione fra servizi.
Infine, un ultimo punto. Non è paradossale che una componente del pubblico, che firma i contratti del pubblico impiego, si presti a smantellare un’altra parte del servizio pubblico?
Di fronte a questa situazione, diventa sempre più urgente dire no. Il Ssn è oggi spesso inadeguato e ciò va riconosciuto. È però irragionevole utilizzare i limiti del Ssn per decretare la superiorità delle mutue, tanto più quando i limiti del Ssn, lungi dall’essere intrinseci, dipendono da una mancanza di cura. Similmente, il fatto che una parte degli italiani già gode di una tutela iniqua e inefficiente non è una ragione per estenderla ad altri.
Un gruppo di 150 associazioni ha recentemente aderito alla necessità di una “Scossa” elaborando un documento di rilancio del Ssn. È un primo passo che va seguito.