La CGUE: Carta Docente a tutti i precari
La Voce della scuola
La CGUE: “Discriminatorio escludere i supplenti brevi”. L’Italia dovrà adeguarsi.
La controversia e il rinvio pregiudiziale.
Con la sentenza del 3 luglio 2025 nella causa C‑268/24, la decima sezione della Corte di giustizia dell’Unione Europea (CGUE) ha stabilito che la Carta del docente, l’indennità di 500 euro annui prevista per la formazione degli insegnanti, spetta anche ai supplenti brevi. Il pronunciamento, nato da un rinvio pregiudiziale del Tribunale di Lecce, sancisce che l’attuale normativa italiana costituisce una discriminazione contraria al diritto UE e obbliga il Ministero dell’Istruzione e del Merito (MIM) a rivedere le regole di accesso al bonus.
La controversia e il rinvio pregiudiziale
Il caso prende avvio dal ricorso di una docente non di ruolo, identificata come ZT, che aveva chiesto la Carta per gli anni scolastici 2020/2021 e 2021/2022. Se per il primo anno le era stata riconosciuta, in quanto aveva coperto l’intero periodo didattico, per il secondo l’amministrazione aveva negato il bonus, sostenendo che le supplenze brevi non rientrassero nel perimetro della legge 107/2015. Il Tribunale di Lecce ha quindi sollevato la questione dinanzi alla Corte di giustizia, interrogandola sulla compatibilità di questa esclusione con la clausola 4 dell’accordo quadro europeo sul lavoro a tempo determinato, allegato alla direttiva 1999/70/CE.
I principi richiamati dalla Corte
La CGUE ha richiamato il principio di non discriminazione: i lavoratori a tempo determinato non possono ricevere un trattamento meno favorevole rispetto a quelli a tempo indeterminato in situazioni comparabili, salvo “ragioni oggettive”. Secondo la Corte, i docenti con supplenze brevi svolgono le stesse mansioni dei colleghi di ruolo, sono assunti tramite graduatorie ufficiali e sottoposti agli stessi obblighi didattici e formativi. L’esclusione dal bonus, basata solo sulla durata dell’incarico, non è quindi giustificata.
La sentenza smonta anche l’argomento secondo cui la Carta sarebbe legata alla “didattica annua”. I giudici sottolineano che l’importo può essere speso per finalità formative generali, non necessariamente connesse all’anno scolastico in corso, e che il nesso temporale non trova fondamento esplicito nella legge 107/2015. Di conseguenza, negare la Carta ai supplenti brevi solo perché non coprono l’intero anno scolastico “non costituisce una ragione oggettiva”.
Supplenti brevi: situazione comparabile ai docenti di ruolo
Un punto centrale della pronuncia riguarda la comparabilità delle funzioni. La Corte ha stabilito che anche chi svolge supplenze di poche settimane o mesi partecipa alla programmazione educativa e alla continuità didattica. L’attività svolta dai supplenti brevi è dunque “in linea di principio comparabile” a quella dei docenti di ruolo. Nemmeno la mancanza di partecipazione ad alcune attività collegiali giustifica l’esclusione: tali attività non sono determinanti al punto da distinguere nettamente le due categorie.
Interessante il riferimento della CGUE al principio di pro rata temporis: la normativa italiana, prevedendo una cifra fissa e non proporzionale alla durata del contratto, non applica questo criterio. Questo apre due scenari: o si estende il bonus per intero anche ai supplenti brevi, o si riforma il sistema introducendo una quota proporzionale.
Impatti e questioni aperte
La sentenza ha conseguenze rilevanti per l’Italia. L’estensione della Carta del docente a decine di migliaia di supplenti brevi comporterà un aumento della spesa pubblica e la necessità di modificare la piattaforma digitale di gestione. Il MIM dovrà intervenire con una circolare o, più probabilmente, con una norma specifica per recepire la decisione europea. Non si esclude che la questione approdi in Parlamento per definire criteri e coperture finanziarie.
Un altro nodo è la possibile retroattività: molti docenti esclusi negli anni passati potrebbero avviare ricorsi per ottenere i 500 euro per ogni anno scolastico in cui hanno lavorato con contratti brevi. Le sigle sindacali hanno già annunciato azioni collettive.
Una questione di equità e riconoscimento
Oltre agli aspetti giuridici, la sentenza tocca un tema di equità. I supplenti brevi rappresentano una parte essenziale della scuola italiana, spesso chiamati a garantire la continuità didattica in situazioni di emergenza. Escluderli dagli strumenti di aggiornamento professionale ha creato per anni una frattura tra personale stabile e precario. Con questa decisione, la Corte europea riafferma che l’aggiornamento e la formazione sono un diritto-dovere di tutti i docenti, indipendentemente dalla durata del contratto.
La pronuncia inoltre si inserisce nel solco di precedenti interventi europei sulla scuola italiana, come la nota sentenza Mascolo del 2014 sugli abusi dei contratti a termine. Ancora una volta, il diritto UE spinge verso una maggiore tutela dei precari, ponendo limiti alla discrezionalità nazionale quando questa produce disparità ingiustificate.
Le reazioni
Le organizzazioni sindacali hanno accolto la sentenza come una “vittoria storica”. Diverse sigle hanno già annunciato iniziative legali per estendere immediatamente il beneficio ai supplenti brevi e per ottenere i pagamenti arretrati. Dal MIM, per ora, nessun commento ufficiale, ma fonti interne parlano di una “valutazione tecnica” sugli impatti economici e sulla necessità di un intervento legislativo.
L’Italia dovrà adeguarsi
Nei prossimi mesi il governo italiano sarà chiamato ad adeguarsi. Due le opzioni principali: riconoscere l’intero importo anche per contratti brevi o introdurre un sistema proporzionale. In ogni caso, la CGUE ha tracciato una linea chiara: la durata dell’incarico non può essere l’unico criterio per escludere i supplenti dalla Carta del docente.
Con questa sentenza, l’Europa riafferma che il principio di non discriminazione non è negoziabile. Per migliaia di insegnanti precari si apre la prospettiva di un diritto finora negato, e per la scuola italiana si tratta di un nuovo banco di prova per conciliare esigenze di bilancio, rispetto delle direttive UE e tutela della dignità professionale di tutti i docenti.
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