Indicazioni nazionali 2025: quale posto per il latino?

di Reginaldo Palermo, La Tecnica della scuola

Indicazioni nazionali 2025: che posto sarà riservato al latino? C’è attesa di sapere quale soluzione verrà adottata.

C’è molta attesa per la pubblicazione del testo definitivo delle Indicazioni Nazionali per il primo ciclo; in tanti si chiedono soprattutto come verrà affrontato il problema dell’insegnamento del latino, argomento che tiene banco nel dibattito sulla scuola da più di tre quarti di secolo.

Il primo documento istituzionale sul tema dell’insegnamento del latino nella “scuola media” risale infatti al 1946: si tratta di un volumetto curato dal Ministero della Costituente intitolato “Il problema della scuola” che, in poche decine di pagine, affronta il dibattito in corso sulla istituzione della scuola media unica.

Il documento chiarisce che la “scuola media unica” istituita negli ultimi anni del fascismo non era una vera scuola unica, ma consisteva solo nell’unificazione dei corsi inferiori del ginnasio, dell’istituto magistrale e dell’istituto tecnico. Questa riforma manteneva una netta separazione, subito dopo le scuole elementari, tra gli alunni destinati agli studi superiori (che frequentavano questa scuola media “unica”) e quelli avviati al lavoro produttivo, che frequentavano scuole professionali e d’avviamento professionale. Di fatto, era “unica” solo per gli alunni “privilegiati”, le cui famiglie potevano permettersi di far proseguire i figli negli studi.

Nel dibattito che si era sviluppato nella Costituente, sulla questione dell’obbligo scolastico non vi erano dubbi (già da tempo la legge prevedeva l’obbligo a 14 anni), ma piuttosto si discuteva di come fare per renderlo effettivo, considerato che all’epoca la maggioranza degli studenti frequentava solo le elementari.
Tutte le forze politiche concordavano sul fatto che l’effettiva attuazione dell’obbligo sarebbe stata la via giusta per accompagnare e promuovere il progresso della produzione, della tecnica e della civiltà, anche allo scopo di non escludere l’Italia dal rapido progresso in atto nei paesi più avanzati.

Il dibattito verteva invece su altro: quale scuola si doveva prevedere al termine delle elementari?

Le ipotesi erano due.
C’era chi propendeva per una scuola unica, comune a tutti, a carattere culturale-formativo, senza l’obiettivo immediato di far acquisire tecniche o capacità pratiche di lavoro ma c’erano anche i sostenitori del mantenimento di due tipi di scuole post-elementari, una a carattere formativo per chi prosegue gli studi e una a carattere tecnico-professionale per chi si avvia al lavoro.

I fautori della prima soluzione sostenevano che l’istruzione elementare non fosse più sufficiente come base culturale generale comune a tutti, specialmente con il progresso della tecnica e della vita civile.
Inoltre la scuola media unica sarebbe stata un potente strumento di unificazione culturale e una via per superare le distanze fra le classi sociali, eliminando la distinzione tra “scuola dei diseredati” e “scuola dei privilegiati”. L’obiettivo era un’unica scuola di elevato tono che portasse tutti ad un alto livello comune di preparazione culturale e formazione spirituale.
Solo in questo modo la via degli studi superiori sarebbe stata effettivamente aperta a tutti i capaci, indipendentemente dalla loro origine sociale.
Inoltre i sostenitori di questa soluzione erano convinti che una buona preparazione generale acquisita nella scuola media unica avrebbe facilitato molto anche l’acquisizione di nozioni e capacità tecniche nelle successive scuole professionali.

Ma c’era anche chi sosteneva una posizione nettamente contraria affermando che la “scuola di cultura”, proprio per il suo carattere formativo e non professionale immediato, non poteva essere la scuola di tutti, perché si sarebbe corso il rischio di avere un decadimento generale degli studi.

Date le condizioni del Paese all’indomani della guerra, sarebbe stato urgente creare rapidamente tecnici medi e lavoratori qualificati in tutti i settori produttivi, attraverso buone scuole professionali, moderne e specializzate.
La scuola media unica – si diceva – dovendo servire a tutti, danneggerebbe tutti: abbasserebbe il livello per chi deve proseguire gli studi e fornirebbe solo una generica “cultura generale” inutile a chi deve inserirsi subito nel lavoro produttivo, invece di utili nozioni tecniche.

Contestualmente ci si poneva però il problema dei contenuti di insegnamento della scuola media tanto che una parte dello schieramento più conservatore proponeva persino il ripristino del vecchio ginnasio inferiore.

E qui si apriva il problema dell’insegnamento del latino nella scuola media unica.

C’era chi sosteneva che l’obiettivo formativo della scuola media unica (cultura, carattere, gusto per lo studio) poteva essere raggiunto senza il latino, insegnando materie come italiano, storia, scienze e matematica, concentrandosi sul “come insegnare” più che sul “cosa insegnare”. Lo studio del latino, considerato troppo complicato e impegnativo a quell’età, avrebbe compromesso lo sviluppo di altre capacità a favore di una logica formale meglio sviluppabile più avanti.

I fautori del latino sostenevano invece che lo studio del latino fosse uno strumento perfetto di analisi logica e che la coerenza e la quadratura mentale che ne derivano siano difficilmente raggiungibili altrimenti. E una parte di questi riteneva l’insegnamento delle lingue classiche fin dai primi anni della scuola media inferiore indispensabile per chi volesse proseguire gli studi superiori.

Nel dibattito di quegli anni non si arrivò però ad una conclusione; il documento del Ministero della Costituente suggeriva che un accordo tra le posizioni opposte sarebbe stato possibile a condizione che uno studio approfondito dimostrasse la possibilità di creare una scuola media inferiore che potesse soddisfare contemporaneamente le esigenze di chi avrebbe proseguito gli studi e di chi invece li volesse avviarsi a un corso professionale.

Come si sa, una prima soluzione, peraltro provvisoria, si ebbe nel 1962 con l’istituzione della scuola media unica che prevedeva il latino facoltativo (con i programmi del 1979 la lingua di Cicerone venne eliminata del tutto dal curricolo di studi della scuola media).

Condividi questa storia, scegli tu dove!