In pensione a 67 anni e sei mesi?
di Alessandro Giuliani, La Tecnica della scuola
A breve sarà inevitabile: mancano i soldi (ma ci sono per rottamare le cartelle esattoriali).
Il previsto aumento di tre mesi perandare in pensione potrebbe non scattare il 1° gennaio 2027: il condizionale è d’obbligo, perché servono finanziamenti importanti e anche se si trattasse solo di meno di mezzo miliardo di euro, come sostengono dal Carroccio, la somma dovrebbe essere prevista a breve già con le Legge di Bilancio di fine 2025. In ogni caso, c’è già c’è chi sostiene, come La Repubblica, che “se avesse ragione Inps, vista l’entità delle risorse da reperire (oltre 3 miliardi n.d.r.) e le ristrettezze dei conti pubblici, lo stop potrebbe slittare di un anno. All’ultima finanziaria del governo Meloni”.
Quindi, il rischio concreto è che nel giro di pochissimo tempo (tra l’inizio del 2028 e del 2029, quando sulla base delle tendenze Istat si alzeranno di ulteriori tre mesi i requisiti), il traguardo per dire addio al lavoro si allontani improvvisamente di 72 mesi: serviranno 67 anni e 6 mesi di età con la pensione di anzianità, invece ben 43 anni e 4 mesi di contributi con quella di vecchiaia (un anno in meno per le donne). Esattamente come aveva scritto qualche giorno fa La Tecnica della Scuola.
Nel frattempo, però, il leitmotiv di questi giorni sembra essere diventato quello di tranquillizzare i lavoratori italiani vicini al traguardo della pensione.
“Ho già parlato con il ministro Giorgetti incontrando la sua disponibilità a inserire il provvedimento all’interno della legge di bilancio”, ha detto domenica 24 agosto il sottosegretario al Lavoro Claudio Durigon in una intervista a Sussidiario.net.
Il rappresentante leghista del governo Meloni ha aggiunto che in materia previdenziale è anche “fondamentale” il cosiddetto bonus Giorgetti: si tratta di “una misura – ha detto Durigon – che rafforza la libertà del lavoratore, che si tratti di restare al suo posto o di poter andare prima in pensione”.
In realtà, il bonus introdotto dal ministro dell’Economia riguarda esclusivamente, ha spiegato sempre Il Corriere della Sera, i dipendenti che maturino i requisiti per andare in pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (un anno in meno per le donne) indipendentemente dall’età o con Quota 103 (62 anni d’età e 41 di contributi) entro il 31 dicembre 2025: possono scegliere di restare al lavoro e presentare domanda online all’Inps per il bonus, che consiste nel versamento sullo stipendio dei contributi previdenziali a carico del lavoratore, pari al 9,19% della retribuzione lorda, i quali quindi non andranno più all’Inps, ma finiranno per aumentare lo stipendio netto. La legge, infatti, stabilisce che il bonus sia esentasse. La parte di contributi a carico del datore di lavoro, pari al 23,81%, continuerà invece ad essere versata all’Inps.
Finora, in due mesi, le adesioni al bonus Giorgetti non hanno “sfondato”: sono state poco più di 7mila. Con il governo che starebbe valutando se prorogare l’incentivo, visto che a fine 2025 scadrà.
Ai lavoratori in “odore” di pensionamento, tuttavia, sembra interessare più l’anticipo che il posticipo: al Meeting di Rimini, sempre Durigon ha detto che Opzione Donna, che comporta una taglio netto medio del 25%-30% dell’assegno di quiescenza e comunque da un paio d’anni riservata solo a ristrette fasce di lavoratrici, “andrebbe rafforzata perché oggi risulta una misura poco efficiente e ha avuto scarso appeal. Quota 103, invece, visto anche lo scarso utilizzo, non penso possa rappresentare una forma ottimale di flessibilità in uscita”. Il sottosegretario della Lega ha quindi parlato degli assegni di chi si ritirerà dal lavoro con il sistema contributivo: per Durigon “occorre un meccanismo che incentivi l’investimento sulla futura pensione, tramite il secondo pilastro, quello della pensione integrativa (nella scuola costituita dal fondo Espero n.d.r.), che già abbiamo iniziato a integrare maggiormente col primo anche per il raggiungimento dei requisiti necessari all’accesso alla quiescenza”.
A questo proposito, Durigon ha aggiunto che si cercherà di “rafforzare” il canale che consente di accedere al pensionamento anticipato con 64 anni e 25 di contributipurché il futuro assegno sia pari ad almeno tre volte il trattamento minimo, utilizzando anche la rendita complementare. La soglia dei 64 anni, aggiunge il sottosegretario “mi sembra possa essere giusta e adeguata rispetto all’attuale mondo del lavoro”.
Il sottosegretario ha quindi detto che il Governo sta “valutando di proporre che il Tfrfermo all’Inps, delle imprese sopra i 50 dipendenti, possa essere una rendita, per dare un ristoro e avere pensioni un po’ più forti“: quindi, in pratica si darebbe facoltà al lavoratore di decidere se trasformare la somma del Tfr in assegno mensile.
Gli altri temi
Durigon non ha parlato solo di pensioni. “Come Lega – ha detto – abbiamo delle proposte per efficientare la contrattazione ed evitare situazioni di prolungata vacatiocontrattuale, in alcuni casi arrivata anche a otto anni, che danneggiano i lavoratori e i loro salari. Quanto meno i nuovi livelli salariali frutto del rinnovo dovranno partire dal giorno in cui è scaduto il contratto”.
Quindi, ha parlato di “defiscalizzazione dei rinnovi che avvengono nei giusti tempi – spiega – si può perseguire questo obiettivo, lasciando alle parti l’individuazione del meccanismo più adeguato”.
Infine, il leghista ha commentato anche la nuova rottamazione delle cartelle esattoriali: “non le togliamo ma diamo una agevolazione” con la possibilità di rateizzazione lunga, quindi “è vero che c’è una copertura” necessaria nei primi anni ma “è vero anche che c’è una sostenibilità futura”. Le coperture necessarie sarebbero contenute in un disegno di legge all’esame del Senato. “Io non sono la Ragioneria, poi faremo i conti bene ma credo che con le giuste e adeguate formule ci sarà una sostenibilità per dare un ristoro alle famiglie in difficoltà con le cartelle”. Poi “se costerà due miliardi o tre miliardi vedremo il conteggio finanziario e come poter trovare queste risorse“.
Infine, Durigon ha commentato l’idea rilanciata da Matteo Salvini di non calcolare la prima casa nell’Isee: per il vicesegretario leghista “siamo ad agosto, quindi è il mese delle idee. Anche sulla prima casa, essendo la prima, credo sia giusto che venga tolta”.