Grido d’allarme: perché aumenta il numero degli alunni con disabilità?

Il mondo della disabilità scolastica ha aperto questo anno scolastico con un carico notevole di problemi vecchi e nuovi che condizioneranno l’efficacia delle attività di sostegno per circa 290mila alunni con disabilità, previsti nelle scuole statali.

Ci sono innanzitutto le conseguenze dell’azzeramento del decreto ministeriale sul PEI da parte del TAR che sta costringendo il Ministero dell’istruzione e le stesse istituzioni scolastiche a rivedere organizzazione e impianti degli interventi per l’inclusione;  ci sono le nuove nomine – senza garanzia di continuità didattica – di oltre 70mila docenti (molti privi di specializzazione) sui posti di sostegno in deroga; c’è il vulnus dei 10mila di posti di sostegno rimasti vacanti anche dopo il concorso straordinario che sono in attesa di docenti stabili; c’è la preoccupazione di assicurare ai ragazzi con disabilità, quest’anno più dell’anno scorso, il loro diritto allo studio, spesso compromesso a causa della pandemia; ci sono ombre e contrasti sulla formazione obbligatoria dei docenti curricolari per l’inclusione che dovrebbe svolgersi nei prossimi mesi.

Sullo sfondo di questi e di altri problemi che spesso condizionano l’azione efficace del sostegno agli alunni con disabilità c’è una domanda inespressa ma preoccupata: perché il numero degli alunni con disabilità è in continuo e costante aumento (dieci anni fa erano quasi centomila in meno)?

Quali cause sono alla base di un incremento che non dà segni di rallentamento, nonostante, al contrario, da diversi anni si registri una diminuzione dei livelli di popolazione scolastica?

Non è facile capire se stanno emergendo nuove cause medico-sanitarie che danno origine alla disabilità o se altre già note (come, ad esempio, l’autismo) stanno aumentando di intensità.

Difficile capire se fattori di ordine sociale o ambientale sono alla base di questo preoccupante e, per il momento, inspiegabile incremento.

Non bastano semplici ipotesi: riteniamo necessario che la scienza medica indaghi su questo fenomeno e il mondo politico ne prenda atto per fronteggiarlo, se possibile, con adeguata prevenzione.

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