Discontinuità didattica: colpiti oltre la metà deglialunni con disabilità

TuttoscuolaNews

Nel 2017 destò scalpore il dossier di Tuttoscuola, intitolato “Lo tsunami che colpisce gli alunni disabili“, in cui si denunciava l’assurda girandola di insegnanti di sostegno: quell’anno ben 100 mila alunni con disabilità, cioè il 43%, avevano cambiato il docente di sostegno. In molti, a partire dai politici passando per i sindacati, si stracciarono le vesti.

Da allora le cose non sono affatto migliorate, anzi. E’ stato lo stesso ministro dell’istruzione Giuseppe Valditara, in carica da pochi mesi, a rendere noto che nell’anno scolastico in corso quella percentuale di alunni con disabilità che si sono visti cambiare l’insegnante di sostegno è salita addirittura al 59%.

Considerato che, secondo il Focus ministeriale sui dati di avvio dell’anno scolastico 2022-23, nelle scuole statali gli alunni con disabilità sono 290.009, dovrebbero essere più di 171 mila quelli privati della continuità didattica. Insomma in un quinquennio quei drammatici numeri sullo tsunami dell’avvicendamento dei docenti di sostegno non solo non sono diminuiti, ma – stando alla percentuale fornita dal ministro – si sono quasi raddoppiati in valori assoluti.

Intendo avviare una riforma del sostegno a scuola, altrimenti sono soltanto chiacchiere“, ha detto Valditara nel dicembre scorso intervenendo – in occasione della Giornata Mondiale delle persone con disabilità – al Congresso della FISH (Federazione italiana per il superamento dell’handicap). In quell’occasione Valditara ha annunciato l’intenzione di varare una riforma del sostegno, con il miglioramento della formazione dei docenti di didattica speciale e altri interventi mirati a ottimizzare l’esperienza scolastica degli studenti con disabilità. Si era soffermato, in particolare, sull’annoso problema della continuità didattica, rilevando appunto che “al 59% degli alunni con disabilità non viene garantita una continuità didattica; sappiamo quanto questo sia grave per la crescita e per le prospettive formative dei ragazzi”.

Un proposito che apre uno squarcio di speranza nella fitta nebbia che avvolge il diritto allo studio degli studenti, in particolare di quelli più fragili e sfortunati. Il rischio però che anche l’anno prossimo si verifichi la frenetica girandola degli insegnanti di sostegno è molto alto, se il ministro non interviene subito, e il perché è presto detto.

Per ridurre drasticamente il fenomeno bisogna agire su due versanti: le regole sulla mobilità e la stabilizzazione dei posti di sostegno. Nel dossier del 2017 scrivevamo: “semplificando molto (…), una regolamentazione dei trasferimenti compatibile con le esigenze del servizio (e non ‘a prescindere’) e la stabilizzazione dei posti effettivamente utilizzati nel tempo porterebbero a livelli fisiologici la mobilità dei docenti, con un enorme salto di qualità nel servizio di istruzione offerto dalla scuola alle famiglie”.

Il prossimo anno scolastico non è lontano, e soprattutto i giochi si fanno ora. Si sta agendo sulle leve necessarie, creando le condizioni per contrastare il fenomeno? Vediamo.

L’OM sulla mobilità tace e rinvia

La diagnosi del ministro Valditara, in sella da pochi mesi, è chiara: tra i principali punti critici del sistema scolastico, oltre al numero insufficiente dei docenti di sostegno e alla loro formazione specializzata, vi è “la discontinuità di rapporto tra alunno e insegnante, causata dai troppi cambi”.

Come, e quando, intende procedere? Non c’è stato tempo per inserire l’annunciata riforma del sostegno nella legge di bilancio 2023, ma, al contrario, in questo nuovo anno ogni occasione potrebbe essere valida per darvi avvio, a cominciare, ad esempio, dalla definizione della Ordinanza Ministeriale sulla mobilità dei docenti e dal decreto interministeriale degli organici di diritto del personale scolastico per il prossimo anno scolastico. Provvedimenti che vanno a toccare le due leve per cambiare le cose. 

L’ordinanza sulla mobilità è stata definita in questi giorni (OM 36 dell’1.3.2023), mentre il decreto degli organici, da definire di concerto con il ministero dell’Economia e Finanze, è atteso tra circa un mese.

Con la prima sarebbe (stato) possibile regolare in modo diverso dal passato la presenza in continuità dei docenti di sostegno. Con il secondo sarà possibile incrementare il numero dei posti fissi in organico di diritto in sostituzione di quelli in deroga. Approfondiamo la questione di seguito.

Da sempre i docenti di ruolo in possesso della specifica specializzazione, assegnati ad una sede di sostegno come vincitori di concorso o per trasferimento da posto comune, hanno l’obbligo di prestare servizio per almeno un quinquennio nello specifico settore, ma, durante tale periodo, possono chiedere di trasferirsi in altra sede, anche in altra provincia continuando a prestare servizio a favore di alunni con disabilità.

Per molti di loro il trasferimento interprovinciale su posto di sostegno del Comune o della Provincia di residenza, una volta concluso il quinquennio sul sostegno, costituisce l’occasione facilitata per il trasferimento su posto comune, traguardo finale agognato per molti di loro.

Come si può capire, il diritto alla mobilità dei docenti di sostegno durante il quinquennio cozza con il diritto di continuità didattica a favore degli alunni con disabilità.

Tra le riforme della Buona Scuola (legge 107/2014) era stata prevista anche una delega per la promozione dell’inclusione scolastica degli studenti con disabilità che prevedeva, tra l’altro, la “revisione dei criteri di inserimento nei ruoli per il sostegno didattico, al fine di garantire la continuità del diritto allo studio degli alunni con disabilità, in modo da rendere possibile allo studente di fruire dello stesso insegnante di sostegno per l’intero ordine o grado di istruzione”.

Due anni dopo, il decreto legislativo delegato, il n. 66/2017 (ministro dell’istruzione Valeria Fedeli),svuotava quell’obiettivo con una soluzione ambigua e impraticabile, forse in nome della pace sociale nella scuola dopo la “valanga Renzi”.

Con la nuova ordinanza della mobilità 2023-24, emanata la scorsa settimana, il ministro Valditara aveva la prima occasione per cambiare le cose. Si è intervenuti sul vincolo quinquennale, escludendo la possibilità di cambiare sede? No, tutto è rimasto come prima.

Ha rimandato ad altro momento o forse ha bisogno di una norma primaria che dia forza alla svolta?

 

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