Il reclutamento dei docenti

da il gessetto

Come vengono assunti, oggi, i docenti della scuola pubblica italiana, cui sarà affidata l’istruzione della popolazione di uno Stato che ritiene, e pretende, di essere tra i più civili e progrediti? Lo spiega – leggere per credere – questo articolo recentemente pubblicato.

 

1. Sul promontorio estremo dei secoli

In attesa che l’intelligenza artificiale possa finalmente rimpiazzare i docenti nelle aule scolastiche, come i robot hanno sostituito gli operai nelle catene di montaggio dell’industria – risparmio per l’amministrazione, efficacia ed efficienza dell’insegnamento, ubiquitaria applicazione in tempo reale dei più moderni ritrovati pedagogici e didattici insufflati direttamente dai cervelloni di viale Trastevere, azzeramento del dissenso e definitivo riconoscimento dell’evoluzione dei sindacati in innocue associazioni di dopolavoro – per prepararne l’avvento stiamo in questi anni rimpicciolendo, scolorendo e marginalizzando la figura degli insegnanti.

  • Sbeffeggiati come decrepiti quelli che dopo qualche millennio di storia dell’educazione si ostinano a fare ancora lezione (udite!) frontale e non di spalle, sottosopra o a tempesta di cervelli;
  • stigmatizzati come eretici quelli che pretendono di continuare a trasmettere delle (sit venia verbo!) conoscenze quando i sacerdoti delle Competenze hanno disvelato gli errori del passato;
  • messi all’indice e bullizzati da colleghi, dirigenti e genitori quelli che incuranti del Bene-dei-Ragazzi non sono ancora completamente disposti ad amnistie, indulti, condoni e rottamazioni permanenti delle valutazioni;
  • guardati con compassione e pena quelli che non sorridono entusiasti all’annuncio del progetto n. 2546 della circolare n. 3452 blaterando di non si capisce quale “importanza delle lezioni del mattino”;
  • minacciati con lo spauracchio di ricorsi in tribunale quelli che non si inchinano ossequiosi e silenti di fronte a tempestive certificazioni in cui psicologi e psicoterapeuti rilevano l’improvvisa immancabile disortografia o discalculia di grado medio di studenti dal profitto traballante, blindati con Piani Didattici Personalizzati a vita più potenti dei sigilli imperiali: i docenti italiani sul promontorio estremo dei secoli continuano nondimeno ad esistere, e dunque a dover essere assunti.

Assunti come? In un modo – la coerenza dei novelli futuristi va riconosciuta – adeguato alla Nuova Era in cui stiamo entrando. Un concorso costituito da prova scritta, prova orale e titoli, certo: sed quantum mutatus ab illo!

2. La mannaia

Nei concorsi pubblici per la scuola, la prova scritta è sempre stata disciplinare: concorrevi per matematica, il tuo scritto concerneva la matematica; partecipavi per filosofia, il tuo scritto era una prova di filosofia. Pareva logico, pareva naturale. Oggi con i concorsi “PNRR” 2023, 2024 e 2025, non più.

La prova scritta adesso non è disciplinare nel preciso senso che non ha nulla a che fare con la disciplina per cui il candidato concorre. Si tratta infatti di un quiz di 50 domande a risposta multipla, estratte da un database unico per tutte le classi di concorso e per tutte le regioni (i concorsi sono regionali), da sostenere al computer e così strutturato:

10 quesiti di ambito pedagogico;

15 quesiti di ambito psicopedagogico, ivi compresi gli aspetti relativi all’inclusione;

15 quesiti di ambito metodologico-didattico, ivi compresi gli aspetti relativi alla valutazione;

5 quesiti sulla conoscenza della lingua inglese al livello B2;

5 quesiti a risposta multipla sulle competenze digitali inerenti l’uso didattico delle tecnologie e dei dispositivi elettronici multimediali più efficaci per potenziare la qualità dell’apprendimento.

Concediamo per il momento che si tratti di argomenti, inerenti alla professione docente, che all’interno di un concorso scolastico sia legittimo richiedere e valutare. Ma il punto è che questa prova scritta rivoluzionaria continua, esattamente come facevano le prove scritte anteriori alla rivoluzione, ad essere la prima del concorso e ad avere carattere preselettivo: essa cioè fa da filtro, perché soltanto chi la supera – e la supera con una votazione di almeno 70/100 – può sostenere la prova orale ed eventualmente approdare alla valutazione dei titoli.
Pertanto la prima selezione dei candidati è oggi completamente svincolata dalle discipline per cui concorrono: un candidato che sia persino incompetente della sua disciplina può essere ammesso alla prova orale, mentre uno che la conosce benissimo può esserne escluso, magari perché l’incompetente si è ricordato o ha azzeccato a caso (è un quiz a risposta multipla con quattro opzioni) il nome di un software, o il cognome di un pedagogista, o il numero di una circolare sull’inclusione, mentre l’esperto non se lo è ricordato o ha avuto minore fortuna. Il che sarà forse moderno e innovativo, ma di sicuro è semplicemente assurdo.

Si dirà, come si sente dire spesso di fronte all’enorme e all’inusitato: “su, non drammatizziamo! L’ignorante della materia potrà passare lo scritto, ma dopo c’è l’orale per verificare la sua preparazione; e al conoscitore in fondo si chiede solo di superare un quiz con almeno 70/100, cioè gli si consentono ben 15 errori su 50 domande, avrà poi l’orale per dimostrare davanti ai commissari quanto vale nella sua materia”. E invece no: perché nel bando di concorso “PNRR 2024” è stata introdotta la norma seguente.

Alla prova orale è ammesso, sulla base dell’esito della prova scritta, un numero di candidati pari a tre volte quello dei posti messi a concorso nella regione per la singola classe di concorso o tipologia di posto, a condizione che il candidato consegua il punteggio minimo di 70 punti su 100. Sono altresì ammessi alla prova orale coloro che, all’esito della prova scritta, abbiano conseguito il medesimo punteggio dell’ultimo degli ammessi.

Se non si vuol drammatizzare, dicano gli eterni bonari del ne quid nimis come definire questa norma inaudita che, in combinato disposto con la non disciplinarità della prova scritta, stravolge quest’ultima e da filtro degli insufficienti in pedagogia, inglese e informatica la fa divenire mannaia che falcia la stragrande parte dei candidati senza alcun riguardo alla loro preparazione non solo nella loro disciplina, che risulta totalmente assente, ma neppure in ciò che la stessa norma ritiene fondamentale, cioè psicopedagogia, inglese e informatica: come se, in una competizione podistica, a un terzo di gara la giuria fermasse tutti i concorrenti a partire dal decimo, qualunque sia in quel momento il loro distacco dal nono, con l’argomentazione che tanto, alla fine, le medaglie da assegnare sono tre; come se, in una gara ciclistica di 150 chilometri, dopo 50 il gruppo venisse incanalato in una strettoia per fermare tutti i concorrenti a partire dal quarto perché, essendoci alla fine un solo vincitore, tanto vale far proseguire la corsa solo a tre.

Questo non è più un concorso, è una lotteria, giacché è aleatorio e anche altamente improbabile che in un concorso con scritto, orale e titoli i migliori candidati (o per meglio dire, i candidati che risulterebbero i primi nella graduatoria finale di merito) siano quelli piazzatisi “nel triplo dei posti messi a concorso” nella graduatoria parziale dello scritto: a un punteggio dello scritto minore di un punto, o di pochi, e a volte anche di parecchi punti rispetto ad altri concorrenti, può sommarsi e più che sovente si somma con l’orale e con i titoli un punteggio superiore a quello di altri concorrenti nella misura sufficiente a superarli nella graduatoria finale di merito.

Difficile, veramente, immaginare una procedura più sciocca ed odiosa.
Sciocca dal punto di vista dell’amministrazione stessa che l’ha concepita: non servono a reclutare per merito, i concorsi? non è per questo che l’Europa ci dice di fare i concorsi e ce li finanzia?
Odiosa dal punto di vista dei candidati. Questi sono chiamati dal bando a prepararsi per il superamento di due prove, la prima delle quali prevede una soglia minima di 70/100; e invece incredibilmente pur avendola superata e persino superata benissimo – si rifletta sulla norma: solo il punteggio di 100/100 assicura l’ammissione all’orale! – possono trovarsi esclusi dalla seconda, per la mera e a loro assolutamente estranea circostanza che un numero di concorrenti pari ad almeno “il triplo dei posti messi a concorso” ha avuto un punteggio più alto.

E non si pensi che il risparmio di spesa e di tempo che questa procedura-scempio dei diritti e del merito permetterà all’amministrazione sia così enorme e salvifico da giustificarla (calcolo che peraltro mai dovrebbe essere ammesso nella vita civile, tanto meno in un concorso per docenti della scuola pubblica). Non stiamo parlando dei concorsi da decine di migliaia di candidati allineati in hangar aeroportuali ancora impressi nell’immaginario collettivo, ma di concorsi regionali che per molte classi di concorso mettono ormai a bando poche decine, se non addirittura poche unità di posti di docenza.

Nel concorso “PNRR 2023”, per esempio, i numeri dei posti per numerose classi sono stati esigui fino all’insignificanza in molte regioni. Per la classe A013, materie letterarie latino e greco nel liceo classico, sono stati banditi cinque posti nel Lazio, tre in Calabria, Campania, Piemonte e Veneto, due in Abruzzo, Basilicata, Lombardia, Sardegna, Sicilia e Toscana, uno in Liguria, Molise, e Puglia. Con numeri come questi si può calcolare facilmente quale sia il pomposo “triplo dei posti messi a concorso” e quindi quello degli ammessi all’orale: in Toscana, regione con dieci province, sarebbero ammessi alla prova orale solo sei candidati; già dal settimo, cioè da un punteggio sicuramente ancora altissimo nello scritto, tutti esclusi senza neppure aver avuto la possibilità di aprir bocca per essere valutati da esseri umani, non solo di digitare al computer in un quiz di pedagogia, inglese e informatica a risposta multipla dove anche tirando a caso si può indovinare.

3. La valanga

Non è finita. Perché una procedura concepita male è come una valanga, che quanto più procede più s’ingrossa.

Abbiamo detto che il concorso comprende come terza e ultima fase la valutazione dei titoli, cui è riservato il non esiguo punteggio di 50 punti su un totale di 250 (100 lo scritto, 100 l’orale, 50 i titoli). Ora, dato che alla valutazione dei titoli sono ammessi solo coloro che hanno superato l’orale, e all’orale sono ammessi solo coloro che hanno superato la mannaia del “triplo” nello scritto, che cosa accade? Che quel minimo scarto, che nello scritto non disciplinare determina l’esclusione del candidato dall’orale nonostante egli abbia superato la prova (con, ripetiamo, virtualmente qualsiasi punteggio eccetto 100/100), può già in quel momento essere colmato e sopravanzato dai punti che, nella valutazione dei titoli, gli spettano!

Prendiamo un candidato che, avendo diritto a 35 punti di titoli, prenda 94 allo scritto: questi può trovarsi escluso dall’orale rispetto a un altro che, avendo 13 punti di titoli, allo scritto ha preso 96: dunque trovarsi escluso a favore di un concorrente che, dopo lo scritto, in realtà non ha 2 punti in più, ma 20 punti in meno di lui. “Caso raro”, dirà il bonario, “caso non significativo in un concorso statale”. Nient’affatto: è proprio nei titoli che si riscontrano le maggiori discrepanze tra i candidati, dato che l’anzianità di servizio può mancare del tutto (immaginiamo un neolaureato) ovvero essere ragguardevole (i cosiddetti precari, che sono molto numerosi), così come può mancare o essere presente l’abilitazione all’insegnamento che da sola vale 5 punti. Per cui – rotola la valanga, rotola – dopo lo scritto Giovanna che ha già insegnato dieci anni viene esclusa a favore di Marta che non mai insegnato la quale, avendo preso al quiz psicopedagogico 4 punti più di Giovanna, tra scritto e titoli ha in realtà un punto menodi lei; Mario che ha già l’abilitazione viene escluso a favore di Carlo che non ce l’ha il quale, avendo preso al quiz psicopedagogico 2 punti in più di Mario, tra scritto e titoli ha in realtà 3 punti meno di lui.

4. Giocare a Trivial con Pierino del dottore

Ma la prova orale, almeno quella, sarà stata concepita in modo intelligente e onesto perché sia atta a selezionare per merito i futuri docenti? Vediamo. L’orale si compone di due parti: l’esposizione di un’unità didattica e la domanda disciplinare.

L’unità didattica viene preparata a casa nelle 24 ore precedenti all’orale, su un argomento estratto a sorte. Buona parente della famigerata “tesina” che ha imperversato per anni all’esame di Stato dei maturandi, essa è regolarmente il frutto, per tutti coloro che ne hanno la possibilità, del frenetico lavoro diurno e notturno di una équipe familiare, amicale e professionale, che riversa in una luccicante presentazione a slides tutta la sapienza pedagogico-didattica prescritta dal bando e nei corsi abilitanti all’insegnamento, illustrata nei mille corsi e volumi di preparazione ai concorsi per la scuola che fanno la fortuna di sindacati, case editrici e siti internet, impartita urbi et orbicome Verbo di Salvezza da dirigenti, ispettori scolastici, pedagogisti, psicologi, psichiatri ed “esperti esterni” di ogni genere. Le dieci tipologie di lezione (sempre inclusive e laboratoriali, per carità, e possibilmente sottacendo l’abominevole frontale), le venti tipologie di verifica in itinere, sommativa e formativa, i trenta accorgimenti da adottare (tutti, sempre) nei Piani Didattici Individuali per Difficoltà Specifiche di Apprendimento o Bisogni Educativi Speciali (ma PDP per DSA e BES suonerà meglio): tutto avrà il suo posto nelle slides a illustrazione di una gigantesca unità didattica… che si ipotizza da realizzarsi in un’ora, massimo due ore di scuola.

Che cosa un lavoro così prodotto e così concepito possa testimoniare sulle capacità didattiche di Mario o di Roberta, non si sa: tanto più che non si tratta di una lezione simulata, nella quale si potrebbe forse valutare in parte l’effettiva capacità di porgere e far comprendere a una classe un argomento e quella di gestire nella realtà la didattica, ma di un’abbuffata teorica che spesso diventa ridicola se calata nello spazio-tempo di una scuola. Se invece un candidato, Dio non voglia, si trovi umilmente privo della rete di supporto e debba cavarsela da solo nelle fatidiche 24 ore, ebbene: se è bravo e scaltro e riesce a realizzare il prodotto atteso, si vedrà equiparato a tutti gli altri, anche ai Pierini del dottore totali incompetenti che magari hanno difficoltà nell’accensione di un computer; se non lo è, si troverà dietro di loro.

Rimane la Domanda disciplinare: dove il singolare non è poetico e la maiuscola non è impropria.
Si tratta, infatti, di un unico quesito alla cui risposta è affidato, in tutto il concorso pubblico per la docenza, il compito di valutare le conoscenze disciplinari del candidato, in un tempo d’esame che generalmente non supera i dieci minuti e spesso è sensibilmente minore. Quesito che viene estratto a sorte tra una serie di quesiti già predisposti dalla commissione “nella misura del triplo dei candidati da esaminare” (sarebbe da studiare, questa nuova predilezione ministeriale per il triplo: gli psicologi non mancano, si accomodino), con riferimento a programmi d’esame mostruosamente enciclopedici che – chissà perché – la rivoluzione psicopedagogica non ha toccato.

Si pensi, per fare un esempio, che a un candidato per la classe A12 (“discipline letterarie nell’istruzione secondaria di primo e secondo grado”: vulgo ‘italiano alle medie e nei tecnici’) è richiesta la conoscenza, oltre che della parte generale (comprendente tutta la legislazione scolastica, neanche fosse un concorso per dirigente), oltre che di tutta la letteratura italiana e di qualsiasi argomento abbia a che fare con la lingua italiana, oltre che di tutta la storia mondiale dai Sumeri al giorno d’oggi, oltre che di tutta la geografia del globo, anche del “rapporto tra la letteratura italiana e le letterature dei più importanti Paesi europei ed extraeuropei, con riguardo ai movimenti letterari più rappresentativi e agli autori di maggior rilievo” (puh! una bazzecola!). Per un candidato della classe A11, poi, si aggiunge tutta la letteratura latina; per uno della A13, si aggiunge anche tutta la letteratura greca.
Dunque l’unica, fatidica “Domanda” estratta per il candidato A12 tra le migliaia di argomenti possibili di italiano, letteratura mondiale, storia, geografia (per il candidato A13, si aggiunge qualche centinaio di temi di letteratura latina e letteratura greca), valuterà in dieci minuti su di una singola cosa le stupefacenti, miracolose conoscenze disciplinari che il bando gli prescrive, determinando il voto dell’orale e probabilmente l’esito del concorso: Senilità di Italo Svevo? la Guerra delle due Rose? economia del Vietnam? magari un romanzo di Dostoevskij? e perché non Truman Capote?
Con buone possibilità, dunque, che il futuro docente di italiano alle medie e nei tecnici sia stato assunto senza aver mai dovuto rispondere nel concorso a una sola domanda d’italiano.

5. Com’è andata? Naturalmente ancora peggio

I dati ora disponibili sui punteggi minimi che hanno consentito l’accesso all’orale nel concorso “PNRR 2024” sono terribili, e confermano le previsioni che io avevo facilmente fatto qualche mese fa scrivendo questo articolo: la mannaia ha falciato all’inizio del concorso la gran parte dei docenti che hanno superato lo scritto anche con larghissimo margine, spesso con punteggi superiori a 90/100. Strano che nessun sindacato e nessuna associazione di docenti lo avesse preveduto: soprattutto quei sindacati che il giorno dopo gli scritti erano però già pronti con l’ennesima campagna di ricorsi legali per chiedere l’ammissione all’orale per tutti.

Ecco il campione di quattro classi di concorso, con i punteggi minimi (minimi!) che hanno determinato l’ammissione alla prova orale:

AM12 (exA022), italiano primo grado

94/100 Sicilia; 92 Toscana, Lombardia, Veneto, Umbria, Lazio, Abruzzo, Campania, Puglia, Calabria, Sardegna; 90 Piemonte, Marche; 88 Liguria, Friuli, Molise, Basilicata

AS12 (ex A012), italiano secondo grado

94/100 Veneto; 92 Toscana, Friuli, Lombardia, Marche, Abruzzo, Campania; 90 Liguria, Piemonte, Umbria, Lazio, Sicilia; 88 Puglia, Basilicata, Sardegna; 84 Molise

AM2B (ex AB25), inglese primo grado

96/100 Toscana, Friuli, Marche, Campania; 94 Liguria, Piemonte, Veneto, Abruzzo, Lazio, Sicilia; 92 Lombardia, Puglia, Calabria; 90Umbria, Sardegna; 88 Basilicata; 84Molise

AS2B (ex AB24), inglese secondo grado

96/100 Campania; 94 Emilia Romagna, Marche, Lazio; 92 Toscana, Veneto, Friuli, Abruzzo, Calabria; 90 Lombardia, Umbria, Puglia, Sardegna; 88 Liguria, Piemonte, Molise

E non finisce qui: perché c’è stato anche un risvolto incredibile che non avevo potuto prevedere. Per molte classi di concorso gli scritti, all’interno di una singola regione, non si sono tenuti lo stesso giorno ma in date diverse. Evidentemente è stato giudicato più “efficiente” far così. Questo però ha comportato (ma guarda un po’) la spiacevole conseguenza che le domande del quiz-mannaia non sono state le stesse per tutti i candidati di una stessa classe di concorso: il che sarebbe la minima decenza anche in una procedura concorsuale così sgangherata e assurda. Per cui quella singola rispostina che nello scritto ha comportato l’ammissione di uno e l’esclusione di un altro all’orale, sono state in realtà due rispostine a due domandine diverse.

Ma ancora: dato che, si sa, i database per i quizzoni non sono immuni da pecche, è risultato talvolta che una risposta, delle quattro possibili per una determinata domanda, fosse stata formulata in modo scorretto, o che l’intero quesito fosse stato mal formulato: conseguente ricorso dei candidati, sospensione del concorso per quella classe e ritardo di mesi, con buona pace dell’efficienza. Infine alcuni gruppi di candidati hanno avuto la possibilità, in una sessione suppletiva, di rispondere nuovamente a una o più domande e quindi di incrementare il loro punteggio, a prescindere ovviamente dal fatto che essi avessero risposto male a quella domanda perché indotti in errore dalla sua erronea formulazione o perché non conoscessero affatto la risposta: possibilità che ovviamente non hanno avuto coloro che hanno avuto la… sfortuna di ricevere un quiz senza errori.

6. Ma fare un concorso normale e vero, proprio no?

Quali sono le modifiche che le attuali procedure concorsuali richiedono? Se il fine è garantire all’amministrazione la selezione dei potenziali migliori insegnanti nel rispetto dei diritti e della dignità dei candidati, è evidente che esse sono completamente da riscrivere.

Chi scrive ottenne la cattedra nella classe A013 col concorso bandito nel 1999: tre prove scritte disciplinari (tema di italiano; traduzione dal latino all’italiano; traduzione dal greco al latino) e tre prove orali disciplinari (italiano; latino; greco). Nella prova orale di greco, l’ultima di quel percorso già molto selettivo, ai superstiti candidati della Toscana fu richiesto – tra l’altro – di aprire a caso l’Iliade, leggere in metrica e tradurre all’impronta: temibile quanto si vuole, ma questo deve saper fare un docente della materia, di qualsiasi materia. Prova che peraltro servì anche – rammento – a smascherare ed escludere con l’eloquente punteggio di 8/40 una candidata che aveva superato lo scritto senza merito.

Erano prove che selezionavano, certo, ma lo facevano onestamente rispetto ai candidati e adeguatamente rispetto all’amministrazione. I candidati infatti erano valutati sulle conoscenze che avevano appreso nel loro intero percorso di studi universitari e postuniversitari, non come oggi su nozioni estrinseche e imparaticce da pacchetto di preparazione online, e dovevano dimostrare le competenze da loro effettivamente acquisite in anni di studio delle discipline (quale prova richiede e verifica le competenze di un latinista o di un grecista più di una traduzione dal latino e dal greco?), non simulare quelle di un docente navigato dell’era Psicopedagogica; e infine non avevano cinque-dieci minuti per rispondere a una domanda estratta tra mille, ma avevano tutto il tempo di organizzare e articolare le loro conoscenze e competenze in prove scritte della durata di sei ore.

Può darsi che nel concorso del 1999 sia stato assunto qualche docente inesperto e anche incompetente di pedagogia, anzi è probabile; certo si può escludere che con quella procedura sia stato assunto un docente ignorante della disciplina che andava a insegnare. Ma mentre le buone prassi pedagogiche si possono e devono sperimentare e apprendere con l’esperienza didattica in classe, la buona volontà e il buon senso di chi crede nel lavoro che fa, l’italiano il latino e il greco (la matematica, la storia, la fisica, quello che volete) o li si conosce prima di diventare docenti o non li si imparerà più.

Questo, la conoscenza approfondita delle discipline e delle loro implicazioni e relazioni culturali, devono primariamente (cioè per prime, non per ultime) ed essenzialmente (cioè prevalentemente, non marginalmente) valutare i concorsi pubblici per il ruolo docente: senza cultura non c’è tecnica didattica che tenga. Non inscenare una finzione in cui giovani laureati che non hanno mai insegnato (stanno partecipando a un concorso o no?) debbano simulare di essere docenti navigati ed esperti di didattica, pedagogia, normativa scolastica e accessori à la page, per sovrappiù trovandosi ostaggio di procedure arbitrarie che si arrogano il diritto di escluderli a piacimento dal concorso per un vantaggio economico dell’amministrazione.


[tratto da: E. Rebuffat, “Il reclutamento dei docenti” in Salvare i saperi per salvare la scuola, a c. di E. Frezza, Il Cerchio, 2025]

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