Fondi PNRR: sono serviti davvero a combattere la dispersione?

di Reginaldo Palermo, La Tecnica della scuola

I dubbi sono tanti perché i dati non sono per nulla confortanti.

 

In un recente articolo pubblicato su Lavoce.info Maria Prodi, già assessore regionale all’istruzione, formazione e lavoro in Umbria fra il 2005 e il 2010, affronta il tema degli esiti dei progetti PNRR nella scuola.

Negli ultimi anni – sottolinea Prodi, che attualmente docente comandata presso il Dipartimento della Conoscenza della Provincia autonoma di Trento – la scuola italiana ha ricevuto finanziamenti mai visti prima per combattere dispersione scolastica e divari territoriali; sono state messe a disposizione del sistema scolastico ingenti risorse per sostenere gli studenti più fragili, innovare gli ambienti didattici e rafforzare competenze fondamentali come italiano, matematica, STEM e lingue straniere.

Ciononostante i dati più recenti dell’Invalsi dipingono un quadro deludente: i miglioramenti non ci sono stati.
Anzi, in alcuni casi le performance degli studenti sono peggiorate.

Le prove 2025 confermano il trend degli ultimi anni:

  • in italiano solo il 52% degli studenti dell’ultimo anno delle superiori raggiunge almeno il livello base (erano il 56% nel 2024);
  • in matematica va ancora peggio: il 49% supera il livello minimo (52% nel 2024).

Anche al secondo anno delle superiori i risultati non mostrano recuperi significativi rispetto al periodo post-Covid.

Il dato – conclude su questo punto Prodi – sorprende ancora di più se si considera che, nel frattempo, le scuole hanno ricevuto fondi specifici proprio per sostenere gli studenti più fragili.

Tralasciando i finanziamenti per l’edilizia scolastica (gestiti dagli enti locali), alle scuole sono arrivati:

  • risorse per ambienti digitali e laboratori (“Scuola 4.0”), con tempi strettissimi per progettare, acquistare e installare nuove tecnologie;
  • fondi per attività rivolte agli studenti, tra cui percorsi STEM, potenziamento delle lingue e progetti contro la dispersione scolastica;
  • finanziamenti per la formazione dei docenti.

Solo per la dispersione e i divari territoriali i decreti 170/2022 e 19/2024 hanno destinato 1,25 miliardi, distribuiti prima alle scuole più svantaggiate e poi a tutte le istituzioni scolastiche. A queste risorse si aggiungono i 600 milioni per lo STEM e i 150 milioni per le lingue straniere.

Tutte le attività sono state gestite tramite la piattaforma ministeriale “Futura”, che ha introdotto nel tempo numerosi vincoli e richieste documentali, complicando notevolmente il lavoro delle scuole. Inoltre, ad oggi non sono disponibili dati chiari su quanta parte delle risorse sia stata effettivamente spesa.

Uno degli interventi più innovativi del Pnrr ha riguardato i percorsi individuali di mentoring e tutoring, dedicati agli studenti fragili.
Si trattava di attività personalizzate, spesso uno a uno, che dovevano rappresentare almeno il 30% dell’intero finanziamento destinato al contrasto della dispersione: quasi 10 milioni di ore di interventi individuali.

Gli insegnanti e gli operatori coinvolti – scrive la ex assessora – raccontano esiti spesso positivi: recupero delle competenze, maggiore consapevolezza delle proprie difficoltà, miglior metodo di studio. Tuttavia, questi progressi non emergono nei risultati Invalsi.

 

Ma perché i miglioramenti non si vedono?

Secondo Maria Prodi le ragioni possibili sono diverse:

  1. I monitoraggi sono cambiati in corsa
    All’inizio si prevedeva di valutare gli interventi tramite miglioramenti negli apprendimenti.
    Poi, le indicazioni operative hanno ridotto la verifica al semplice conteggio degli “attestati di completamento” dei percorsi: non si è più misurato ciò che gli studenti imparavano.
  2. Le attività non erano obbligatorie
    Il mentoring era rivolto a singoli studenti, che però potevano non partecipare. Questo ne ha limitato l’efficacia.
  3. Poco tempo per sperimentare e consolidare
    Percorsi così personalizzati richiedono continuità, mentre molti progetti si sono svolti in periodi brevi e con scadenze molto strette.
  4. Procedure amministrative pesanti
    Le scuole hanno dedicato enormi energie alla gestione burocratica dei progetti, con poca possibilità di concentrarsi sulla qualità degli interventi.

Secondo Prodi di fronte a investimenti così consistenti, è indispensabile capire se, e dove, il Pnrr abbia funzionato. Non basta misurare la spesa: occorre analizzare l’efficacia delle azioni, soprattutto per gli studenti più fragili.

Per capire davvero se le ingenti risorse impegnate siano servite a migliorare il sistema, servirebbero secondo Maria Prodi:

 

  • indicatori specifici di disagio sociale e cognitivo,
  • indagini longitudinali per seguire gli studenti nel tempo,
  • confronti tra scuole che hanno utilizzato strategie diverse,
  • una pubblicazione chiara dei risultati, a beneficio del dibattito sulle politiche educative.

Oggi, invece, le scuole faticano ancora a concludere formalmente i progetti e il dibattito pubblico sull’istruzione si concentra su annunci di nuove riforme, spesso disancorate dalle evidenze raccolte durante l’attuazione del Pnrr.

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