Permessi studio per la frequenza di un’Università telematica

Permessi studio

Una recente pronuncia della cassazione (ordinanza 25038 dell’11/09/2025), per quanto riguarda la fruizione dei permessi studio retribuiti in relazione alle università telematiche, ha stabilito che la concessione di tali permessi è subordinata alla dimostrazione della necessaria coincidenza degli orari delle lezioni con l’orario lavorativo.

Precisando che l’ordinanza si riferisce al Comparto Funzioni centrali, l’interpretazione si basa sui seguenti punti chiave.

Principio della coincidenza oraria

I permessi retribuiti previsti dall’art. 48 del CCNL (o art. 46 del CCNL Funzioni centrali 2016-2018 applicabile alla fattispecie) possono essere concessi soltanto per frequentare i corsi in orari coincidenti con quelli di servizio, con esclusione della mera attività di studio. Questo è un presupposto indefettibile (conditio sine qua non) alla cui mancanza viene meno la motivazione stessa dell’assenza.

Onere della prova

Nel caso specifico delle università telematiche, in particolare per le lezioni erogate in modalità asincrona, il lavoratore ha il diritto di fruire dei permessi solo nel caso in cui dia prova alla propria amministrazione di appartenenza di aver seguito effettivamente lezioni trasmesse in via telematica esclusivamente in orari e giorni coincidenti con quelli in cui è tenuto a svolgere la propria attività lavorativa.

Necessità della documentazione

I dipendenti devono presentare apposite certificazioni.

I Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro impone ai dipendenti interessati di presentare una documentazione specifica:

  • Prima dell’inizio dei corsi: Il certificato di iscrizione
  • Al termine dei corsi: L’attestato di partecipazione e quello degli esami sostenuti (anche se con esito negativo).

La mancanza di queste certificazioni comporta una grave conseguenza: i permessi già utilizzati vengono considerati come aspettativa per motivi personali. Inoltre, il permesso serve specificamente a giustificare l’assenza dal servizio, e tale assenza deve essere documentata con una dichiarazione dell’autorità scolastica o universitaria che attesti la partecipazione ai corsi per le ore di lavoro non prestate, fino alla concorrenza di 150 ore.

Flessibilità oraria

La Cassazione ritiene che, per la partecipazione ai corsi delle università telematiche, il fatto che il lavoratore non sia tenuto a rispettare un orario di frequenza prestabilito induca a ritenere che l’attività possa avvenire anche al di fuori dell’orario di lavoro, facendo conseguentemente venir meno la necessità stessa di fruizione dei permessi. Poiché il lavoratore non è obbligato a partecipare necessariamente alle lezioni in orari rigidi (come nelle Università ordinarie), egli può sempre scegliere orari di collegamento compatibili con l’orario di lavoro nell’ente.

In conclusione, la Corte ha accolto il ricorso presentato dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli e ha rigettato la domanda originaria proposta dai lavoratori, stabilendo che, in assenza di prova che la frequenza potesse avvenire solo in orario di servizio, i permessi non erano dovuti.

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