Esame di Stato, dati contrastanti difficili da decifrare
di Reginaldo Palermo, La Tecnica della scuola
Esame di Stato: voti più alti al sud, studenti calabresi e campani ai primi posti,
ma i risultati sono in calo rispetto al 2020/21.
Se il voto dell’esame di Stato finale del secondo ciclo di istruzione è un buon indicatore degli apprendimenti conseguiti dagli studenti italiani allora bisogna ammettere che forse nel nostro Paese esiste un problema (e di non poco conto) nelle regioni del nord.
Esaminando i dati divulgati dal Ministero dell’Istruzione balza subito agli occhi che i punteggi più alti si registrano nelle regioni del sud.
In Calabria, per esempio, il 6% degli studenti ha riportato un bel 100, accompagnato in diversi casi anche dalla lode.
In Lombardia la percentuale è solamente dell’1% mentre in Val d’Aosta si abbassa allo 0,3%.
Va anche detto che mettendo a confronto i dati del 2024/25 con quelli del 2022/2023 non si riscontrano differenze significative. A livello nazionale si può osservare che il 32% circa degli studenti riporta un punteggio finale inferiore a 71, mentre il 21% supera il 90.
Il dato, però, è molto variabile da regione a regione: le regioni con punteggi più bassi della media nazionale si concentrano al nord: in Lombardia il 40% degli studenti non supera il 70, in Piemonte sono il 34% mentre in Liguria e nel Veneto si arriva a 37.
Al sud le cose vanno in modo completamente diverso: in Calabria i punteggi bassi riguardano il 21% degli studenti, in Campania e in Puglia la percentuale è del 24%.
Nelle stesse regioni, al contrario, abbondano i voti più alti: in Calabria il 33% supera il 90, in Puglia e Sicilia la percentuale è del 28%.
Se si esaminano i dati degli anni passati si può constatare che nei due anni della pandemia (2019/20 e 2020/21) i risultati furono complessivamente migliori dovunque, ma ovviamente questo non deve stupire, perché in quei due anni gli esami finali si svolsero in modo del tutto diverso.
Il raffronto andrebbe quindi fatto con il 2018/19: in quell’anno i punteggi inferiori al 71 furono il 38% e quelli alti il 17%: sembra dunque che si possa parlare di un miglioramento complessivo.
Ma se poi si confrontano i punteggi nelle diverse regioni si scopre che i miglioramenti riguardano soprattutto il sud.
Per esempio i punteggi più alti passano dal 24% al 33% in Calabria, dal 22% al 28% in Puglia, dal 19% al 28% in Sicilia e dal 19% al 26% in Campania. Anche nelle regioni del nord si osservano incrementi, ma assai più contenuti.
Difficile dare una spiegazione attendibile di questi dati anche se forse si potrebbe pensare che la cosiddetta “Agenda Sud” stia dando qualche risultato, ma così non è perché i da 3 anni gli esiti degli esami di Stato sono in realtà piuttosto stabili.
Insomma, “salto” in avanti c’è stato subito dopo il 2018/2019, a fine pandemia, però, nelle regioni del nord si è tornati indietro, mentre al sud i risultati sono rimasti stabili rispetto ai voti un po’ “anomali” del 2019/20 e 2020/21.
Sembra quindi che dal 2018/19 in avanti gli apprendimenti degli studenti della secondaria di secondo grado siano migliorati.
Questa interpretazione è valida però ad una condizione e cioè se si concorda sul fatto che il voto finale dell’esame di Stato “misuri” davvero gli apprendimenti.
A poco serve osservare che se si prendono in considerazione i risultati delle rilevazioni Invalsi la “musica” cambia drasticamente, perché dalle prove nazionali emerge un forte gap fra nord e sud.
Ma questa anomalia potrebbe essere spiegata con il fatto che le prove Invalsi misura competenze e capacità del tutto diverse rispetto a quelle valutare in sede di esame di Stato.
Resta un dato incontrovertibile: per ammettere gli studenti le Università non tengono più conto degli esiti dell’esame di Stato e utilizzano sistemi propri di selezione (molto spesso i test vengono proposti addirittura agli studenti che stanno ancora frequentando l’ultimo anno di corso).
E anche le aziende private che assumono gli studenti provenienti dai tecnici e dai professionali non sembrano molto interessate al voto finale.
Tutto questo con buona pace dei sostenitori della validità del indiscutibile del voto (“Un 6 è un 6 e un 9 è un 9”); voto finale che, invece, serve per partecipare a concorsi pubblici e che spesso può fare la differenza per la posizione in graduatoria.