Esame di maturità, proteste degli studenti e reazioni della politica
di Reginaldo Palermo, La Tecnica della scuola
C’è qualche contraddizione e forse anche un po’ di ipocrisia.
Il dibattito sul caso della “scena muta” all’esame di Stato non si ferma, anzi prosegue con molta vivacità forse anche perché il Ministro non cessa di “esternare” sull’argomento.
A noi sembra che l’intera questione presenti più di una contraddizione.
Il primo dato curioso, se così possiamo dire, è che si è persa forse la percezione della reale dimensione della “protesta”: si sta parlando di 5 studenti su un totale di 500mila “maturandi”, cioè uno su centomila o, se si preferisce, lo 0,001%.
E, a fronte di una percentuale di questo genere, il Ministro (e con lui l’intera maggioranza di Governo) si dice convinto che bisogna cambiare al più presto la legge.
Già a questo punto ci sarebbe da fare una osservazione: ma al Ministero nessuno si era mai accorto che la legge in vigore, che nella sua forma attuale risale al 2017, consente agli studenti di fare la “furbata” della scena muta all’orale?
Il Ministro (e non solo lui, per la verità) parla di studenti irrispettosi nei confronti dei docenti e delle Commissioni (ma dovremmo sempre ricordare che si tratta dello 0,001%); a nessuno viene in mente, però, che gli studenti in questione si sono comportati in modo assolutamente legittimo.
E allora verrebbe da osservare che una legge che consente le “furbate” e che, di fatto, consente a qualche studente di mancare di rispetto ai docenti, allora è essa stessa una legge che contiene qualche germe di “irrispettosità”.
Va ancora ricordato che già lo scorso anno si erano verificati alcuni casi analoghi con tre studentesse di un liceo del Veneto che avevano deciso di non rispondere alle domande del colloquio per protestare contro i voti degli scritti considerati troppo bassi.
Ma l’accaduto passò quasi inosservato o comunque non suscitò particolari reazioni nel mondo politico.
Cosa è cambiato quest’anno?
C’è poi un’altra questione: in tanti sottolineano che gli studenti “contestatori” hanno scelto una via facile perché intanto non hanno rischiato un bel nulla.
Ed è qui che, ci sembra, si arriva al culmine della ipocrisia.
A dire il vero gli studenti, a seguito della loro “furbata”, sono usciti con il minimo del voto, mentre se avessero sostenuto normalmente l’orale avrebbero potuto arrivare a 70/80 punti.
Quindi la loro non è stata proprio una protesta “a costo zero”.
A meno che non si voglia dire che, comunque sia, hanno conseguito il diploma e che fra 60,70 e 80 non c’è poi una grande differenza.
Forse c’è del vero in questo, ma allora la domanda è: ma se il punteggio del diploma, a conti fatti, ha poca rilevanza per quale motivo ci si deve accanire a definire con precisione degna di miglior causa le modalità di calcolo del punteggio conclusivo?
Siamo sicuri che questi studenti, come dice il Ministro, abbiano paura di essere valutati e giudicati? Siamo proprio certi che il meccanismo dell’esame di Stato e soprattutto l’intero impianto valutativo degli studenti sia un esempio di perfezione?
Qualche dubbio noi ce l’abbiamo.
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