Carta docente, pagamenti in ritardo e precari ancora senza bonus: cosa sta succedendo
di Francesca Moriero, fanpage.it
Nonostante i fondi stanziati e gli annunci ufficiali, la Carta docente non è ancora arrivata a migliaia di insegnanti. Ritardi nei pagamenti, rimborsi mai versati e corsi di formazione a rischio: il malcontento cresce, soprattutto tra i docenti precari.
È aprile inoltrato, e i fondi promessi per la Carta docente non sono ancora stati accreditati. Un ritardo che pesa non solo sulle tasche degli insegnanti, ma anche sulla qualità della formazione professionale e sull’accesso ai percorsi abilitanti, indispensabili in questa fase dell’anno. La misura, nata per sostenere l’aggiornamento del personale docente con un bonus annuale di 500 euro, avrebbe dovuto raggiungere i beneficiari già a gennaio. Eppure, a oggi, migliaia di docenti, in particolare quelli con contratto a tempo determinato fino al 31 agosto, restano in attesa. La situazione è aggravata dal mancato pagamento dei rimborsi dovuti a seguito di sentenze favorevoli per chi aveva presentato ricorso lo scorso anno, e da una gestione giudicata inadeguata da parte della Gilda degli Insegnanti, che ora chiede un incontro urgente con il Ministero dell’Istruzione e del Merito. Mentre la normativa evolve e la giurisprudenza amplia la platea dei destinatari, i tempi di risposta dell’amministrazione restano inaccettabilmente lenti.
Cos’è la carta docenti e perché il bonus da 500 euro è importante
La Carta docente è un bonus annuale da 500 euro introdotto nel 2015 con la legge 107, nota come La Buona Scuola. È pensata per sostenere la formazione e l’aggiornamento professionale degli insegnanti, consentendo l’acquisto di libri, software, corsi universitari, eventi culturali e strumenti tecnologici utili per la didattica. Il bonus, erogato attraverso una piattaforma digitale, sarebbe uno degli strumenti principali con cui il Ministero dell’Istruzione e del Merito potrebbe promuovere lo sviluppo professionale del corpo docente. Negli anni, però, il suo utilizzo ha sollevato diverse questioni: l’accesso è stato spesso limitato ai soli docenti di ruolo, escludendo i precari e il personale educativo, nonostante questi svolgano compiti simili. Una distinzione che ha portato a una lunga serie di ricorsi e sentenze, ancora oggi in parte disattese.
I fondi ci sono, ma i docenti aspettano ancora
La legge di Bilancio 2025 ha previsto un aumento stabile dei fondi per la Carta docente, con uno stanziamento aggiuntivo di 60 milioni di euro all’anno; notizia accolta con entusiasmo sia dal Ministero sia dai sindacati. Eppure, a distanza di mesi, gli insegnanti precari che avrebbero dovuto ricevere il bonus già a gennaio sono ancora in attesa.
“Siamo ormai a Pasqua e questi soldi ancora non sono arrivati”, ha sottolineato Vito Carlo Castellana, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti. Un ritardo che non sarebbe solo formale, ma avrebbe ovviamente ricadute concrete: proprio in questo periodo, infatti, molti docenti devono iscriversi ai nuovi corsi di abilitazione, compresi quelli organizzati da Indire, l’ente di formazione del Ministero.
Senza il bonus, per molti di loro è dunque assai difficile sostenere le spese necessarie per formarsi.
I precari restano indietro
Tra i più penalizzati da questo ritardo ci sono i docenti con contratti a tempo determinato fino al 31 agosto, esclusi spesso a prescindere dal loro effettivo contributo nella scuola. Per loro, la Carta docente rappresenterebbe infatti un’opportunità per aggiornarsi, per accedere a percorsi di specializzazione e per non restare indietro rispetto ai colleghi di ruolo. Il mancato pagamento non solo alimenta un senso di ingiustizia, ma rischia di compromettere la qualità stessa dell’’insegnamento. Non solo, in molti casi, i docenti sono costretti ad anticipare di tasca propria le spese, oppure a rinunciare del tutto alla formazione.
Ricorsi accolti ma mai rimborsati
Accanto ai ritardi nei pagamenti ci sono poi le situazioni di chi, negli anni scorsi, ha fatto ricorso per ottenere il bonus. In tanti hanno ottenuto sentenze favorevoli, che riconoscono il diritto alla Carta docente anche ai precari. Ma, nonostante i pronunciamenti dei giudici, i rimborsi non sono mai arrivati. Secondo la Gilda degli Insegnanti, si parla di decine di migliaia di casi, per un totale che potrebbe ammontare a diversi milioni di euro. Una cifra importante, che rappresenta però un diritto già riconosciuto. Di fronte all’inerzia dell’amministrazione, il sindacato ha rinnovato quindi la richiesta di un incontro con il Direttore generale del Dipartimento del Ministero, nella speranza di sbloccare una situazione che da troppo tempo è ferma.
Anche gli educatori ne hanno diritto: lo dice la Cassazione
A rafforzare ulteriormente le richieste di estensione della Carta docente è arrivata, di recente, una sentenza della Corte di Cassazione (n. 4810/2025), che stabilisce in modo chiaro come il bonus vada riconosciuto non solo agli insegnanti di ruolo, ma a tutto il personale docente, compresi gli educatori. Secondo la Corte, infatti, il lavoro degli educatori rientra pienamente nella funzione docente, in quanto orientato alla crescita culturale, personale e sociale degli studenti. La formazione, dunque, è una parte integrante della loro attività e non può essere trattata come accessoria. La Carta docente, in quest’ottica, deve insomma essere accessibile anche a loro.
Cosa chiedono davvero gli insegnanti: il sondaggio della Gilda
Docenti sottopagati, poco valorizzati e con diritti non pienamente riconosciuti: è questa poi l’immagine che emerge dal sondaggio realizzato dalla Gilda degli insegnanti tra il 4 e l’8 aprile 2025, su un campione nazionale rappresentativo di 649 docenti. Le risposte mostrano una categoria che chiede con forza un trattamento differenziato rispetto al resto del personale scolastico, giudica insufficienti gli aumenti salariali previsti dal rinnovo contrattuale, e chiede maggiore equità tra insegnanti di ruolo e precari:
- Il 90% degli insegnanti ritiene che il proprio ruolo meriti un contratto nazionale distinto da quello degli altri operatori scolastici, alla luce delle responsabilità specifiche della professione. La richiesta è condivisa in modo uniforme tra scuola primaria (90%), secondaria di primo grado (86%) e secondaria di secondo grado (89%).
- Per l’87% dei docenti, l’incremento salariale del 6% previsto dal nuovo contratto, circa 140 euro lordi, è del tutto o parzialmente inadeguato a compensare l’inflazione e la perdita di potere d’acquisto. Solo l’11% lo giudica sufficiente.
- Il 63% degli intervistati si dichiara favorevole a far confluire i 500 euro della Carta del docente direttamente nello stipendio. Il consenso cresce tra chi vive nei grandi centri urbani (68%). Il 29% è contrario, temendo un disincentivo alla formazione continua.
- Due insegnanti su tre (66%), poi, chiedono che le risorse oggi riservate a pochi, come bonus merito, incentivi alla formazione e compensi per i tutor, siano distribuite a tutta la categoria. Solo il 26% preferisce che restino vincolate al merito individuale.
- Il 93% del campione si dice favorevole all’introduzione di forme di welfare aggiuntivo, come buoni pasto o assicurazioni sanitarie. Solo il 3% è contrario.
- Il 78% ritiene importante, se non prioritario, il recupero dello scatto stipendiale del 2013, bloccato per legge. Solo il 5% non lo considera rilevante.
- Tre docenti su quattro (cioè il 75%) sono favorevoli a ridurre la durata delle fasce stipendiali per arrivare più rapidamente a uno stipendio adeguato. Contrario il 13%, per motivi di sostenibilità del sistema.
- Alla domanda su come retribuire le attività extra-scolastiche di tipo organizzativo e gestionale, il 50% dei docenti preferisce attingere dalle risorse destinate all’area dei dirigenti, contro il 34% che propone l’utilizzo del Fondo d’Istituto.
- Il corpo docente è invece spaccato sull’introduzione di figure di middle management nelle scuole. I contrari (il 47%) temono un’eccessiva “aziendalizzazione” e pratiche clientelari, mentre i favorevoli (il 44%) vedono invece in queste figure un’opportunità per valorizzare le competenze e migliorare l’organizzazione.
- Infine, il 69% dei docenti chiede una maggiore armonizzazione dei diritti tra insegnanti di ruolo e precari, sostenendo che, a fronte degli stessi doveri, debbano essere garantiti gli stessi diritti. Solo il 26% è favorevole a un trattamento differenziato.
Una scuola che fatica a riconoscere chi la fa funzionare
Il problema della Carta docente, in fondo, non è dunque solo una questione di soldi, ma riguarda la capacità di tutto il sistema di riconoscere e valorizzare davvero chi lavora ogni giorno nella scuola. Ritardare i pagamenti, ignorare le sentenze, escludere i precari: tutto questo contribuisce a creare un clima di sfiducia e demotivazione. Come ricorda la Gilda, “a prescindere dall’inquadramento, il ruolo di un docente non cambia”. Eppure, nei fatti, le differenze continuano a pesare: migliaia di insegnanti restano in attesa di un bonus che dovrebbe sostenere la loro crescita professionale, ma che ora si trasforma in un percorso a ostacoli.
.